27 aprile 1859 – Il teatro Niccolini

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Palazzina di una banca laddove una volta c'era il teatro Niccolini
Palazzina di una banca laddove una volta sorgeva il teatro Niccolini

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

27 aprile 1859 – Il teatro Niccolini

Il 27 aprile 1859, grazie all’iniziativa dell’Accademia dei Fidenti, fu inaugurato un teatro che per più di un secolo avrebbe fatto bella mostra di sé sulla via Provinciale subito oltre il ponte sul Rimaggio. Nell’occasione fu rappresentato, davanti a un pubblico di circa 350 persone, l’Ernani di Giuseppe Verdi.
La festa d’inaugurazione coincise, casualmente, con uno degli eventi più importanti della storia della Toscana: l’esilio di Leopoldo II e la fine del Granducato di Toscana. Chissà se chi partecipò all’inaugurazione del teatro, probabilmente parecchi fiorentini, si rese conto di quello che proprio in quelle ore stava succedendo. Strana e quasi inverosimile coincidenza è rappresentata anche dal fatto che l’Ernani narra la storia, tipicamente romantica, di don Giovanni d’Aragona che organizza una rivolta contro il suo sovrano.
Il teatro sestese fu intitolato al drammaturgo fiorentino Giovanni Battista Niccolini all’epoca ancora in vita. Era costituito dalla platea, da tre ordini di palchi e da una galleria. Negli anni vi sono state rappresentate opere liriche, commedie e tragedie, ma i sestesi lo ricordano soprattutto per la rappresentazione de La Pianella perduta nella neve, un’operetta del genere vaudeville in cui la prosa è alternata a canzoni satiriche se non addirittura sbeffeggianti.
La commedia è incentrata sulla storia d’amore fra due giovani contadini che devono superare le perplessità di Ghita che, per la figlia Nannetta, preferirebbe il maturo maestro del villaggio al povero Nardino. Una pianella (ciabatta) della madre, usata da Nannetta per recarsi a un incontro con Nardino e smarrita nella neve, fa scoppiare lo scandalo, ma la storia, seppur contrastata, ha un lieto fine. Nel suo dipanarsi, però, permette a tre vecchie pettegole di confezionare senza ritegno “cappottini” a personaggi pubblici e semplici cittadini. Mentre stanno in crocchio a fare la calza, le tre arpìe, rendono pubbliche le maldicenze del paese suscitando tante risate e qualche mal di pancia. Per la buona pace di tutti si confidava sul senso dell’umorismo dei protagonisti dei pettegolezzi e delle battute salaci ma qualche volta neanche il preavviso era sufficiente a evitare l’incidente diplomatico perché l’argomento più avvincente era anche molto delicato: le corna.
Se, però, da una parte c’era chi si arrabbiava di brutto e non accettava la canzonatura, dall’altra c’era chi chiedeva espressamente di essere citato. Ne faceva motivo di vanto e notorietà.
Gli attori (rigorosamente maschi) che interpretavano le vecchie comari erano sestesi e sono ancora oggi ricordati con affetto e malinconia.
Nel 1964 in seguito al crollo del soffitto, il teatro Niccolini fu demolito e sostituito da un brutto palazzo che oggi ospita una banca. La Società che lo possedeva non era in grado di garantire la manutenzione e nessun altro si fece avanti per acquistarlo e conservarne la funzione. I tempi cambiano, i gusti anche. Inutili i rimpianti e le polemiche retroattive. Meglio le foto, seppur ingiallite.

Sesto, pianella e budella

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