29 luglio 1966 – Il sindaco dell’alluvione

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

29 luglio 1966 – Il sindaco dell’alluvione

Il nuovo corso imposto al governo della diocesi dal cardinale Ermenegildo Florit nel 1962 e le gravi polemiche all’interno del mondo cattolico fiorentino portarono, come conseguenza politica, alla decisione di non ricandidare al ruolo di sindaco di Firenze, Giogio La Pira, ormai scaricato anche da Amintore Fanfani.

Le polemiche nel mondo cattolico fiorentino divamparono al punto che un gruppo di quarantadue giovani, quasi tutti appartenenti a parrocchie di periferia, diffusero, pochi giorni prima delle elezioni, una lettera-manifesto con la quale invitavano i cattolici a non votare DC.

Le votazioni, in effetti, non furono un successo e tutto il Centro-sinistra subì un arretramento rispetto al PCI. Nonostante questo il 29 luglio 1966 il democristiano Piero Bargellini fu eletto sindaco, ma la crisi era dietro l’angolo e già a ottobre fu costretto a rassegnare le dimissioni. La sua carica era valida solo per l’ordinaria amministrazione quando il 4 novembre 1966 Firenze fu invasa dalle acque dell’Arno.

nuoti sommerso
in un mare di cacca
non sai se d’uomo
oppure di vacca  (Riccardo Marasco)

Toccò a lui a fronteggiare l’emergenza e così, mentre per i denigratori fu il sindaco salvato dalle acque, i più lo ricordano affettuosamente come il sindaco dell’alluvione. Piero Bargellini seppe dare il meglio di sé proprio in questa circostanza. Forte del suo prestigio culturale riuscì a richiamare l’attenzione di tutto il mondo su quanto succedeva a Firenze e quando si accorse che a Roma non avevano capito le dimensioni del disastro, smise di ricevere le autorità a Palazzo Vecchio dove la situazione si era normalizzata rapidamente, e stabilì l’ufficio del sindaco nella sua abitazione del quartiere di Santa Croce.

Ministri e autorità furono così costretti a passare attraverso il fango di casa sua in maniera da rendersi conto della gravità della situazione in cui versava la città. Riuscì a portare a Firenze Giuseppe Saragat, Paolo Emilio Taviani, Cesare Merzagora, Ted Kennedy, Aldo Moro, Paolo VI. Trovò gli aiuti necessari a salvare gran parte del patrimonio artistico, ma lui, in qualità di sindaco, non dimenticò mai che

Prima del Cristo di Cimabue deveva pensare ai poveri cristi

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