6 agosto 1922 – La fine del Comune socialista

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Fascisti a Sesto
La foto, tratta dalla pagina Facebook di sesto com'era, si riferisce a un periodo successivo rispetto a quello descritto nell'articolo

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

6 agosto 1922 – La fine del Comune socialista

La ventennale esperienza positiva di governo socialista aveva per molto tempo reso impermeabili le classi popolari del paese alle idee propugnate dai fascisti. Al termine del biennio rosso però anche a Sesto le cose iniziarono a cambiare. I fasci di combattimento sostenuti dai proprietari terrieri e dalle forze dell’ordine iniziarono a sferrare colpi sempre più vibranti contro l’antico feudo rosso. Dopo gli omicidi di Renato Ceccherini e di Dino Parenti, fu la sconfitta operaia nella vertenza sindacale con la Richard-Ginori nel marzo 1922 a imprimere il colpo di grazia al Comune socialista. Iniziarono con il pretendere il licenziamento degli operai comunisti e continuarono con il rivendicare il merito della fine dell’

 

inconsulto sciopero che per ben due mesi tenne gli operai con le braccia incrociate a danno delle proprie famiglie, del paese e della Nazione (La Nazione 8 marzo 1922)

 

Una volta sconfitto il movimento sindacale, il passaggio successivo non poteva essere che l’attacco al Comune. L’assemblea dei combattenti fascisti di Sesto votò un ordine del giorno i cui si chiedevano le dimissioni dei socialisti e dei comunisti da tutte le cariche pubbliche.

 

I combattenti di Sesto (…) additano al disprezzo di tutti i concittadini la disonesta opera compiuta ai danni della classe operaia e della nazione dai dirigenti la Federazione Operai e del Partito social-comunista, unici responsabili dell’affamamento di centinaia di famiglie operaie:
reclamano conseguentemente le dimissioni da tutte le cariche pubbliche dei volgari traditori del popolo

 

Dimostrando di non aver capito quanto i tempi fossero cambiati, l’Amministrazione Comunale chiese alla segreteria regionale dei combattenti di intervenire nei confronti della sezione di Sesto affinché moderasse il suo atteggiamento. L’operazione non sortì nessun effetto esattamente come l’estremo tentativo di pacificazione che porta data il 3 agosto 1922 quando le cooperative socialiste, sempre più in difficoltà, cedettero alla cooperativa Edilizia Vittorio Veneto una parte dei loro terreni. La cooperativa era stata costituita dall’Opera Nazionale Combattenti che a Sesto, forse più che da altre parti, spalleggiò fin dall’inizio il partito fascista. Anche questo disperato tentativo non ebbe successo. Ormai l’esperienza del Comune socialista era giunta al termine. L’ultimo verbale della giunta comunale, riunita sotto la presidenza del sindaco Annibale Frilli reca la data del 6 agosto 1922. Due giorni dopo il Corriere della Sera con un trafiletto di poche righe, e senza spiegare i motivi, comunica che:

 

I componenti delle Amministrazioni comunali socialiste di Sesto Fiorentino e di Rufina hanno rassegnato le dimissioni al Prefetto

 

Ancora qualche mese e anche gli amministratori della Casa del Popolo avrebbero dovuto dimettersi. Sotto i colpi della violenza fascista si chiuse uno dei più importanti capitoli della storia sestese. Per socialisti e comunisti fu una sconfitta severa e dura da digerire. Così la descrive Giulio Cerreti:

 

dire che da allora, per lunghi mesi e anni, vegetammo è affermare una verità che nessuno slancio emozionale potrà cancellare. La nostra sconfitta non fu di quelle che si riscattano nel volger di un ritaglio di tempo; fu così grave e totale da valutarsi come una vera disfatta storica, oltreché politica. Eravamo stati letteralmente battuti e dispersi, sì da costringerci per due decenni a un’attività carbonar esca senza uscita, se non quella di proclamare, a testa alta, la nostra fede e la nostra fiducia nella riscossa nelle tetre aule del Tribunale Speciale.

 

Daniele Niccoli

 

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