Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
8 gennaio 1900 – D’Annunzio inaugura la cattedra per la Lectura Dantis
Nel 1898, Gabriele D’Annunzio, perennemente in fuga dai debiti e all’inseguimento delle donne (c’è chi dice che ne abbia avute più di cinquecento), decise di stabilirsi a Firenze. La sua magione fu la villa Capponcina nella zona di Settignano. Il futuro Vate della Nazione qui visse, come amava sostenere, alla stregua di un signore rinascimentale. Si circondò di domestici, di una muta di cani e di numerosi cavalli di razza. Strategicamente la villa era posta accanto a quella dell’attrice Eleonora Duse. La Divina fu per qualche anno la sua amante, ma il poeta, che aveva già diversi figli sparsi per l’Italia, alla fine del 1903 le preferì la più giovane Alessandra di Rudinì, figlia dell’ex primo ministro Antonio e vedova del Marchese Marcello Carlotti del Garda. Quando la loro relazione divenne pubblica, la famiglia tolse ad Alessandra la potestà sui figli, ma ciò non le impedì di insediarsi alla Capponcina e di assecondare gli eccessi del grande poeta. Tra questi, l’idea di cedersi reciprocamente il corpo (compreso il “cervello meraviglioso di Gabriele”) con un atto notarile. La nuova amante amplificò ulteriormente il bisogno di lusso: i domestici passarono da cinque a ventuno, i cani da quattro a cinquanta e i cavalli da due a dieci. Alessandra aveva un fisico statuario e sovrastava il poeta, che amava chiamarla Nike, di almeno quindici centimetri
Io ho l’orecchio fine, Nike, miracolo biondo:
ed ho tanta sete di lasciar cullare la mia anima da quel ritmo.
Vi amo. Vi amo.
E di questo amore e in questo amore
sono folle e smarrito (Gabriele D’Annunzio)
Nel 1905 un tumore alle ovaie la costrinse a tre interventi chirurgici. D’Annunzio, inizialmente molto premuroso, le fece da infermiere e, con l’intento di sposarla, chiese addirittura il divorzio dalla moglie. Non aveva fatto i conti con il suo carattere volubile. Qualche tempo dopo era già nelle braccia della contessa fiorentina Giuseppina Mancini, forse la più forte passione erotica della sua vita. La vicenda si concluse con Alessandra in monastero e Giuseppina al manicomio.
Gli anni fiorentini di D’Annunzio furono fecondi da un punto di vista artistico. Qui, infatti, compose l’Alcyone e gran parte delle Laudi. L’8 gennaio 1900 fu chiamato ad inaugurare la cattedra per la Lectura Dantis in Orsanmichele. Commentò il canto VIII dell’Inferno non mancando di fare clamorosamente incazzare Giovanni Pascoli con cui si riappacificò solo qualche anno più tardi. L’avventura fiorentina di D’Annunzio terminò nel 1910. I debiti contratti lo costrinsero a un esilio volontario a Parigi. Poverino.
Daniele Niccoli