La parola all’avvocato: creditori, fatturazione elettronica e recupero giudiziale del credito

0
746
Immagine per rubrica

Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa BaldocciMaria Serena Primigalli, Enrico Carti Marco Baldinotti.

Dal primo gennaio 2019, è divenuta obbligatoria la fatturazione elettronica.

Oltre ai disagi iniziali, ha portato con se anche diversi benefici, tra i quali quelli riguardanti gli aspetti legati al recupero giudiziale del credito, dato che la fattura elettronica si presta ad innovare l’azione monitoria, rendendola più snella e soprattutto molto più economica dal punto di vista del nostro creditore procedente.

Il procedimento monitorio è uno strumento previsto dall’ordinamento per la tutela del credito, di natura sommaria che prevede l’emanazione di un provvedimento, emesso in assenza di alcun contradditorio fra le parti, destinato – in caso di mancata opposizione ad acquisire la forza di giudicato; uno dei rimedi posti dall’ordinamento a tutela delle ragioni creditorie di un imprenditore commerciale che, ad esempio, abbia effettuato una fornitura di beni e/o servizi senza aver ricevuto il relativo pagamento.

Tra le varie condizioni di ammissibilità, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo, vi è quella di fornire una prova scritta in ordine alla esistenza del diritto e, a titolo puramente esemplificativo, sono documenti idonei a tal fine:

  • Quelli provenienti da un terzo
  • Gli estratti autentici delle scritture contabili
  • Il registro delle fatture previsto dall’art. 22 del D.P.R. 633/72
  • Nonché le sole fatture che tuttavia non hanno valore nella eventuale fase di opposizione e non invertono l’onere della prova qualora il rapporto negoziale sia contestato.

Limitando il nostro esame alla sola ipotesi che coinvolge le singole fatture non pagate, ci troviamo difronte il Giudice che, investito della procedura, richiede anche il deposito dell’estratto notarile autentico delle scritture contabili in cui le stesse sono registrate: ciò al fine di verificare che i documenti prodotti siano conformi agli originali.

Infatti, prima dell’introduzione della fatturazione elettronica, chi vantava un credito per la fornitura di beni e/o servizi, rivolgendosi al Giudice per ottenere un decreto ingiuntivo, dovendo fornire la prova scritta del proprio credito, produceva in giudizio o documentazione sottoscritta dal debitore (spesso di difficile reperimento per, ad esempio, perdita del Documento di Trasporto) oppure gli estratti autenticati da notaio delle scritture contabili.

La prova scritta del diritto fatto valere dal creditore rappresenta infatti la condizione di ordine generale necessaria per ottenere dal giudice la pronuncia di ingiunzione di pagamento, e l’art. 634 c.p.c. attribuisce agli estratti autentici delle scritture contabili tenute dagli imprenditori commerciali e dai lavoratori autonomi, bollate e vidimate nelle forme di legge, uno specifico valore probatorio idoneo a fondare la pronuncia giudiziale.

Tale procedimento, tuttavia, pare essere stato innovato con l’introduzione della fatturazione elettronica.

Lo SDI (Sistema di Interscambio), che gestisce ad oggi la fatturazione elettronica, se rispettate le regole tecniche confermate nel Provvedimento dell’ADE n° 89757/18, genera documenti informatici autentici e immodificabili garantiti dall’apposizione della marca temporale e della firma digitale qualificata. Quindi per la produzione in giudizio potremmo parlare di “duplicati informatici”, provenienti da un “terzo qualificato” quale l’Agenzia delle Entrate, assolutamente indistinguibili dai loro originali.

Infatti non si tratta di copie informatiche di documenti informatici ma di “duplicati informatici” dotati del medesimo valore giuridico del documento informatico originario.

Ad oggi, al fine di fornire la prova scritta del credito, maturato a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica (non dei crediti precedenti che seguono una regolamentazione differente per la tenuta della fatturazione) al posto delle “vecchie” scritture contabili autenticate dal notaio, è possibile allegare al ricorso per decreto ingiuntivo i duplicati informatici presenti nel SdI, che hanno il medesimo valore giuridico del documento informatico originario.

Da uno studio molto sommario della regolamentazione attuativa relativa alla fatturazione elettronica obbligatoria tra privati, è possibile trarre il convincimento che tale adempimento della produzione delle scritture contabili autenticate dal notaio, potrebbe ritenersi non più necessario.

Infatti, le ricevute di consegna di cui ai punti 4.2 e 4.3 del Provvedimento del Direttore AdE Prot. 89757/2018, emesse dallo SdI, sono documenti che, oltre ad attestare l’avvenuta corretta emissione della fattura, contengono un riferimento univoco alla fattura emessa, e quindi – provenendo da un terzo “qualificato”dovrebbero di per sé permettere a tale documentazione di comprovare inequivocabilmente la corrispondenza della fattura di cui si chiede l’estratto all’originale trasmesso tramite SdI.

In relazione alla tematica in questione, è altresì interessante notare che le ricevute inviate dallo SdI consentono anche di provare l’avvenuta ricezione o, nel caso in cui il recapito della fattura non fosse possibile, l’avvenuta presa visione da parte del cessionario/committente (e quindi il debitore) della fattura correttamente emessa, e rappresentano un ulteriore documento, utile per supportare la richiesta di emissione del decreto ingiuntivo, infatti con la fattura elettronica, il problema della lamentata mancata ricezione da parte del debitore della fattura non esiste più: il destinatario della fattura viene infatti avvisato automaticamente dal Sistema di Interscambio per ogni fattura ricevuta, così da incentivare un pagamento tempestivo.

Sintetizzando quindi, nel caso in cui, nonostante la creazione della fatturazione elettronica e dunque dell’avvenuta notifica al destinatario, il pagamento non venga effettuato nei tempi previsti, né dopo le sollecitazioni del creditore sarà come al solito possibile esperire il recupero giudiziale del credito. Le fatture, da sempre, sono considerate prove valide e sufficienti per ottenere un’intimazione di pagamento, ma la consuetudine ci dice anche che, nella maggior parte dei casi, il giudice richiede unitamente, anche l’estratto notarile autentico delle scritture contabili in cui esse sono registrate, per confermare la loro regolare tenuta.

Con la fatturazione elettronica, però, il passaggio dal notaio non è più indispensabile: come dichiara la stessa Agenzia delle Entrate, le e-fatturesono da considerarsi come “documenti immodificabili e autentici” per loro stessa natura, senza una sensata distinzione tra originale del documento e copia.

Laddove il debitore proponga opposizione invece occorre specificare un’ultima cosa: la fattura elettronica non dimostra il credito in maniera più certa rispetto alla tradizionale fattura cartacea, dato che resta sempre comunque un documento unilaterale, cioè preparata dal creditore, idoneo a dimostrare il diritto di credito solamente fino a un certo punto. Quindi un debitore potrà sempre proporre opposizione contro un decreto ingiuntivo emesso su fattura elettronica, esattamente come avviene per il decreto ingiuntivo emesso su fattura cartacea: a questo punto la procedura non potrà che esser quella ‘classica’, con il creditore chiamato ad apportare le prove necessarie a supportare la propria pretesa dimostrando in maniera più approfondita il proprio diritto, magari portando in giudizio dei testimoni oppure ulteriori prove, quali un ordine o un contratto, accompagnate dalla dimostrazione dell’effettiva esecuzione dell’opera richiesta.

Il vantaggio della fattura elettronica nell’ambito del procedimento per decreto ingiuntivo si limita solamente al fatto di rendere probabilmente non più indispensabile l’autentica notarile sulle scritture contabili.

Avv. MARIA SERENA PRIMIGALLI PICCHI
www.avvocati-firenze.it/

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO