31 gennaio 1504 – Matrimonio di Agnolo Doni

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Firenze 365

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

31 gennaio 1504 – Matrimonio di Agnolo Doni

All’alba del Cinquecento esistevano in Firenze commercianti così ricchi da potersi permettere, come regalo di nozze, quadri degli artisti più importanti dell’epoca. E’ il caso di Agnolo Doni che in occasione delle nozze con Maddalena Strozzi commissionò a Raffaello il ritratto suo e della moglie. Quest’ultimo appare chiaramente ispirato alla Gioconda di Leonardo, opera che probabilmente Raffaello ebbe modo di vedere in quegli anni. I due ritratti, rimasti proprietà della famiglia fino al 1826, furono poi ceduti al granduca Leopoldo II e oggi sono conservati nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Il Doni si concesse anche un altro sfizio: una Sacra Famiglia realizzata nientemeno che da Michelangelo. Il dipinto, diventato famoso come Tondo Doni, è l’unica opera su supporto mobile compiuta dall’artista e rappresenta la base di sviluppo del manierismo.

Contrariamente a tutta l’iconografia precedente nel dipinto il Bambino non appare in primo piano. La Madonna, infatti, si volta a prenderlo da Giuseppe con una torsione che sembra generare un moto che si adatta perfettamente alla forma del tondo. Secondo il racconto di Vasari, Agnolo Doni, seppur ricco, sarebbe stato molto attento alle proprie finanze e avrebbe provato a tirare sul prezzo senza però considerare la presunzione di Michelangelo.

Quando l’opera fu pronta, l’artista inviò un garzone per consegnarla, ma, alla richiesta di settanta ducati come pagamento, il Doni rispose con un’offerta di quaranta. Michelangelo allora fece riportare indietro il dipinto e acconsentì a recapitarlo solo a un prezzo doppio rispetto alla richiesta iniziale. Doni, a malincuore, sborsò la cifra rivista, ma, considerata l’unicità e la bellezza del dipinto, fece comunque un affare. L’aneddoto vasariano è probabilmente un po’ caricato, ma ci fa capire quanto Michelangelo andasse prendendo coscienza dell’altissimo valore delle sue creazioni e del suo valore di artista. Per questo rimane difficile attribuire all’artista nato a Caprese un’affermazione di molti anni dopo quando il suo valore era ormai universalmente riconosciuto.

Era successo che, settantenne, fosse stato incaricato della costruzione della Cupola di San Pietro e che, secondo le cronache, in partenza da Firenze avesse pronunciato queste parole:

Vado a Roma a far la tua sorella
di te più grande ma non più bella

Decisamente molto improbabile considerata la stima che aveva di sé stesso, gli onori di cui godeva e il fatto che da anni non metteva piede a Firenze.

Il mondo ha molti re e un solo Michelagnolo   (Pietro Aretino)

 

Daniele Niccoli

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