11 gennaio 1494 – La peste uccide Domenico del Ghirlandaio

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Firenze 365

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

11 gennaio 1494 – La peste uccide Domenico del Ghirlandaio

 

Stando alla testimonianza di Giorgio Vasari, Tommaso Bigordi di Currado era un gioielliere con bottega in via dell’Ariento specializzato nella realizzazione di ghirlande d’argento. L’ornamento preferito dalle giovani fiorentine  della fine del Quattrocento per le loro acconciature. Questa sua predisposizione gli valse il soprannome di Ghirlandaio che passò, per eredità, al figlio primogenito, Domenico, inizialmente destinato alla prosecuzione dell’attività del padre.

La passione per la pittura però prese il sopravvento e così Domenico del Ghirlandaio divenne uno dei principali rappresentanti della terza generazione del Rinascimento fiorentino, quella che aveva ormai acquisito il concetto di prospettiva e si dedicava alla realizzazione di forme in movimento e con maggiore intensità espressiva. Fu un artista particolarmente prolifico se si pensa che la sua attività si concentrò negli undici anni che vanno dal 1480 al 1491.

Fu impegnato negli affreschi della Cappella Sistina a Roma e, poi, nella realizzazione del cenacolo di San Marco e della Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio. La sua mestrìa spinse le più importanti casate fiorentine ad affidargli gli affreschi delle cappelle di famiglia. Tra i primi incarichi ricevuti ci fu quello del restauro della Cappella Maggiore di Santa Maria Novella che era stata affrescata verso la metà del XIV secolo da Andrea di Cione detto l’Orcagna, ma che si trovava in cattivo stato di conservazione. La cappella era di proprietà della famiglia Ricci che però, dopo il crollo finanziario del 1348, si trovava in notevoli difficoltà finanziarie. Il patronato fu allora ceduto alla famiglia Sassetti il cui capofamiglia, Francesco avrebbe voluto che il Ghirlandaio realizzasse un ciclo di affreschi con le storie del omonimo santo di Assisi. La  basilica era però sede dei domenicani e l’antica rivalità fra ordini monastici rese impossibile l’esecuzione del progetto e così i Sassetti acquistarono una Cappella in Santa Trìnita e cedettero i diritti di quella di Santa Maria Novella ai Tornabuoni che si rivolsero ugualmente all’artista fiorentino. Il Ghirlandaio, che non era tipo da rifiutare commesse, riuscì a consegnare entrambi i lavori nei tempi previsti, 1485 il primo e 1490 il secondo.

Tra i tanti meriti del Ghirlandaio c’è anche quello di aver avuto a bottega, proprio nel periodo degli affreschi in Santa Maria Novella, il giovane Michelangelo Buonarroti. Così Vasari racconta quell’apprendistato:

 

Lavorando Domenico la cappella grande di Santa Maria Novella, un giorno che era fuori si misse Michele Agnolo a ritrarre di naturale il ponte con alcuni deschi, con tutte le masserizie dell’arte, et alcuni di que’ giovani che lavoravano. Per il che tornato Domenico e visto il disegno di Michele Agnolo disse: “Costui ne sa più di me”   (Giorgio Vasari)

 

Daniele Niccoli

 

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