La parola all’avvocato: sostituzioni e contratto di lavoro

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Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa Baldocci, Maria Serena PrimigalliMarco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected].


Gentile Avvocato,
mi rivolgo a questa rubrica per porre una questione relativa ad un contratto di lavoro, sorto per la sostituzione di un lavoratore in distacco sindacale. Il lavoratore in questione era stato assunto come operaio, mentre chi sostituiva era stato assunto come impiegato/operatore amministrativo. La domanda è questa: la cosa è regolare oppure no, dato che si tratta di due categorie legali differenti?
Altra apparente stranezza che occorre riferire è che il datore di lavoro applicava due CCNL di due categorie differenti.
Un’ultima domanda: è possibile la conversione del contratto a tempo determinato per sostituzione, in un contratto a tempo indeterminato?

“Gentile lettore,
provo a sintetizzare nella mia risposta l’ampio panorama di questioni sottoposte, che meritano un approfondimento che sarebbe possibile solo con maggiori dettagli.

La sostituzione dei lavoratori per distacco sindacale prevede una diversa disciplina tra settore privato e settore pubblico. Da quello che posso ipotizzare, credo che il riferimento sia ad un rapporto di lavoro subordinato privato.

Pertanto, la disciplina di questo tipo è rinvenibile all’interno dello Statuto dei lavoratori, in cui l’art.31 disciplina l’aspettativa sindacale prevedendo che, oltre ai lavoratori eletti in assemblee rappresentative, anche a coloro che siano chiamati a ricoprire cariche in ambito sindacale a livello provinciale e nazionale venga riconosciuto il diritto ad essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato.

A sua volta, le norme che regolano la sostituzione del lavoratore che si trova in aspettativa, con altro lavoratore a tempo determinato, sono rinvenibili all’interno del Job’s Act (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) e nel Decreto c.d. Dignità (Legge n. 96/2018, di conversione del D.L. n. 87/2018). Proviamo a sintetizzare l’ampia previsione normativa in maniera comprensibile.

La norma originaria, prevista dal decreto Dignità (ed inserita all’interno dell’articolo 19, del Testo Unico sui contratti di lavoro (D.Lgs. n. 81/2015), dispone l’obbligo di prevedere una causale nelle ipotesi di stipula o proroga di un contratto a tempo determinato. Ad oggi, le causali che possono essere addotte dal datore di lavoro sono le seguenti:

  1. a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  2. b) esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  3. c) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Compito del datore di lavoro, sarà quella di predisporre in maniera analitica, all’interno del contratto individuale di lavoro, la motivazione che lo ha portato ad assumere il lavoratore con un contratto a termine, partendo da una delle tre macro categorie previste dal primo comma dell’articolo 19. Le esigenze sostitutive, dunque, specificano la funzione di giustificazione del termine e, inoltre, svolgono la loro funzione di legittimazione del termine all’interno del limite temporale massimo di 24 mesi.

Per rispondere così anche ad una sua successiva domanda, si può dire che solo l’accertamento dell’assenza delle esigenze può comportare la trasformazione del rapporto nato a termine in rapporto a tempo indeterminato. Diversamente, sarà il datore di lavoro che dovrà valutare il proprio legittimo interesse ad assumere quel lavoratore con un contratto a tempo indeterminato, “slegato” dal precedente rapporto a tempo determinato. Per completezza, è opportuno segnalare che la normativa emanata in tempi di emergenza sanitaria da Covid-19, con particolare riferimento alla Legge di conversione del Decreto sostegni Bis ha previsto che “Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi,  […] la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i ventiquattro mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Qualora il limite dei ventiquattro mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento”.

Pertanto, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, sulla base dei dati forniti, è soltanto possibile escludere che ci possa essere una diversa previsione contrattuale tra il lavoratore che sostituisce e il lavoratore in sostituzione, prevedendola espressamente all’interno del contratto scritto. Diversamente, si tratterà di una diversa allocazione de facto del lavoratore a tempo determinato ad una diversa mansione all’interno dell’azienda.

Per rispondere compiutamente sugli altri aspetti, invece, si rende necessario un approfondimento conoscitivo della realtà aziendale a cui si fa riferimento“.

Avv. MARCO BALDINOTTI

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