Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
8 dicembre 1653 – Il regolamento della Casa dei Monellini
Nel 1650 Ippolito Francini, un occhialaio amico del granduca Ferdinando II de’ Medici, realizzò, presso il chiasso dei Baroncelli, un ricovero per ragazzi abbandonati. L’orfanotrofio si distingueva da quelli preesistenti, come lo Spedale degli Innocenti e del Bigallo, perché non si occupava di bambini abbandonati in fasce ma di ragazzi fino ai sedici anni di età che avevano avuto precedenti con la legge.
L’istituto si proponeva il nobile obiettivo di curare i “monellini” e istruirli in modo che potessero reinserirsi nella società. In definitiva si tratta del primo riformatorio di cui si abbia memoria. Nel 1653 dopo la scomparsa di Francini la gestione passò a don Filippo Franci, un seguace di san Filippo Neri che, per concessione granducale, riuscì ad adibire allo scopo un edificio più grande nell’attuale via de’ Cimatori. Fu chiamato ospizio della Quarconia.
L’origine di questo nome singolare è incerta. Potrebbe derivare da una Magistratura secondaria, detta Calconia, che giudicava i piccoli furti commessi sfruttando le condizioni della calca.
Secondo un’altra interpretazione il nome invece deriverebbe dalle espressioni latine quare ‘perciò’ e quoniam ‘poiché’, e alluderebbe ai provvedimenti disciplinari presi nei confronti dei ragazzi.
Al fine di rendere efficace e corretta l’opera di redenzione dei ragazzi, l’8 dicembre 1653 fu emanato un regolamento cui dovevano attenersi i confratelli che lavoravano nell’ospizio. L’opera meritoria dell’istituto fu simboleggiata da una lupa raffigurata nell’atto di leccare i propri cuccioli. Al simbolo si accompagnava il motto “Lambendo figurat“, ovvero “Leccandoli li accudisce”.
L’orfanotrofio fu soppresso nel 1766 quando i monellini furono trasferiti prima in via delle Casine e poi alla Pia Casa di Lavoro di Montedomini. Nel 1789 i vecchi locali furono utilizzati da Gioacchino Cambiagi per aprire il popolare teatro della Quarconia dove si tenevano spettacoli di marionette e si recitavano commedie in vernacolo.
Si trattava di un’arena frequentata da un pubblico molto turbolento. Spesso le persone si recavano al teatro con pentoloni di stufato e fiaschi di vino e interrompevano con urla e applausi le rappresentazioni. Il lancio del cibo verso il palco era il modo con cui il pubblico esprimeva la volontà di cambiare il finale della commedia. Gli insulti e il lancio degli oggetti erano così violenti da imporre, in ogni caso, il lieto fine indipendentemente dal testo originale e al buon senso della storia narrata. Nel 1826 la Quarconia assunse il nome di teatro del Giglio, ma rimase, come si diceva all’epoca, punto d’incontro di beceri e ciane. Dopo aver di nuovo cambiato nome prima in teatro Leopoldo e poi in teatro Nazionale, nel 1919 fu sede del primo Congresso dei Fasci di combattimento di Benito Mussolini. Sempre beceri, ma molto più pericolosi.
DANIELE NICCOLI
Per leggere le puntate precedenti clicca qui e vai sulla pagina del sito tuttosesto.net