9 giugno 1825 – Paolina Bonaparte

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Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

9 giugno 1825 – Paolina Bonaparte

Nel 1796, dopo aver occupato Livorno, le truppe francesi comandate dal Napoleone Bonaparte entrarono a Firenze. Il futuro imperatore, già dipinto come ‘Eroe’ da La Gazzetta Universale, fu accolto con curiosità, ma forse anche con un po’ di apprensione, dai cittadini fiorentini

                molto popolo si trasferì nel dopo pranzo verso la Porta a San Frediano,
per dove proveniente da Livorno doveva arrivare…
ed ebbe il piacere di osservare l’Eroe che in breve spazio di tempo
ha saputo in sé stesso riunire i lauri di moltiplicate vittorie e conquiste

Era una prova di forza che poteva far presagire quello che sarebbe successo da lì a poco. Nel 1801 il granduca Ferdinando III fu costretto ad abdicare e il Granducato di Toscana, in virtù dell’alleanza tra francesi e spagnoli fu sostituito con il Regno di Etruria affidato a Ludovico I di Borbone. Fu vita breve sia per il re, morto nel 1803, che per il Regno che nel 1808 entrò formalmente a far parte dell’Impero francese. La Toscana fu divisa in tre dipartimenti e, a partire dal 3 marzo 1809, il governo fu affidato a Elisa Bonaparte che assunse il titolo di granduchessa.

La sorella di Napoleone si era sposata nel 1797 con il capitano Felice Baciocchi in spregio alle indicazioni del fratello che avrebbe voluto per Elisa un consorte di maggiore prestigio. Fu la madre, Letizia Ramolino, a facilitarlo fingendo d’aver ricevuto in ritardo la lettera di opposizione del figlio che in quel momento si trovava a Milano. Napoleone comunque perdonò la sorella e nominò il cognato capo battaglione, e comandante della cittadella d’Ajaccio.

A Firenze ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita anche un’altra sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte. A differenza delle sorelle, Elisa e Carolina, Paolina non si curò mai troppo della carriera politica. Era più attratta dalla libertà e dai piaceri della vita. Il matrimonio del 1797 con l’ufficiale Victor Emanuel Leclerc non fu certo sufficiente a calmare i suoi bollenti spiriti. Libertina e consapevolmente bella, ebbe numerosi amanti e volle rendere eterno il suo fascino facendosi immortalare da Antonio Canova nella Venere vincitrice. Quando nel 1801 lo scandalo sollevato dalla sua relazione con l’attore Lafon assunse dimensioni rilevanti, Napoleone impose al marito una missione a Santo Domingo per sedare una rivolta. Paolina avrebbe dovuto seguire il generale. Finì con la morte di Leclerc e con la vedova che si fece consolare dal capitano della nave che la riportava in patria. L’irrequietezza e l’anticonformismo condussero Paolina alla separazione, sancita dalla Sacra Ruota, anche dal secondo marito, il Principe Camillo Borghese.

                        L’unica Bonaparte che preferiva l’amore al poter
                        e lo faceva con tutti,
                        qualche volta anche con il marito (Indro Montanelli)

Il destino beffardo però era dietro l’angolo: la bellezza e il potere della famiglia svanirono quasi contemporaneamente. Fu lei, allora, a innamorarsi di un ragazzo di quattordici anni più giovane, ma quella volta fu lei a essere ripudiata.

Sfiorita e ammalata tornò dall’ex marito che l’accolse a villa Fabbricotti a Firenze e che, per lei, acquistò anche un’altra villa a Quinto. Anticamente appartenuta alle famiglie Petrucci, Torrigiani e Dragomanni, la villa fu completamente ristrutturata nel 1831 dall’architetto Antonio Carcopino. Il principe la arricchì di un parco raggiungibile attraverso un ponte sospeso sostenuto con corde d’acciaio che anche oggi scavalca via di Castello.
All’epoca però Paolina Bonaparte era già morta. Una malattia tropicale, contratta durante la missione a Santo Domingo, se l’era portata via il 9 giugno 1825.

Daniele Niccoli

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