Biblioteca a Villa Rucellai, Quercioli: “Chi ha governato fino ad oggi Campi non ha avuto visioni strategiche”

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E’ con un lungo post sui social network che Maria Serena Quercioli, candidata Sindaco del centrodestra e della Lista civica “Liberi di Cambiare”, replica alla proposta promossa da Adriano Chini di spostare nuovamente la biblioteca comunale da Villa Montalvo a Villa Rucellai.

Villa Montalvo fu restaurata da un architetto di fama con l’obiettivo di trasferirvi la biblioteca seppur alla piccola biblioteca di piazza Matteotti generazioni di studenti della mia età  erano legati ma chiaramente era inadeguata.

Una biblioteca nel verde è stata dunque una decisione vincente e apprezzata, ricorda Quercioli. Un po’ meno quella di collocarvi  gli uffici pubblici (come i servizi sociali) che devono essere raggiungibili da tutti. Chini oggi rinnega, ancora una volta, la sua decisione sulla biblioteca (oggi suddivisa in biblioteca per adulti “Terzani” e biblioteca per bambini e ragazzi “Gianni Rodari”, una eccellenza italiana che fu tolta da via Garcia Lorca) e ipotizza traslochi a villa Rucellai, senza contare le spese per la distribuzione degli spazi e gli arredi nuovi.  Niente di nuovo, purtroppo, continua Quercioli.

L’ex sindaco Chini negli anni ’90 cercò di “cancellare” alcune tracce del predecessore Anna Maria Mancini poi la storia nella legislatura 2013/2018 si è ripetuta con i tentativi del sindaco Fossi di eliminare alcuni “lasciti” o persone collegate all’ex sindaco e nel 2018 si cerca nuovamente di rimescolare le carte, senza pensare che le emergenze e le necessità sono ben altre. Il parco e le strutture culturali di villa Montalvo sono vivibili e funzionali ma necessitano di sicurezza, di maggior cura nella manutenzione, nel decoro e di una loro importante valorizzazione. La politica a Campi invece è fatta così, di decisioni prese per cambiare il passato: il passato non si cambia e non si “ringiovanisce” commenta Quercioli. Ne è la prova anche la costruzione della sala del Consiglio comunale meglio nota come “gabbia della zarina”.

Nel 1984 il Pci votò da solo il progetto dell’opera  e ci vollero  8 anni di lavori e altri 80 milioni che dovevano servire per “un’opera d’arte a completamento della piazza” (che poi non fu realizzata) per completare la struttura. Il sindaco Chini che nel frattempo aveva preso la guida del Comune di Campi, revocò l’incarico all’architetto sebbene da  segretario del PCI, non avesse mai espresso nessuna contrarietà.

Alla fine quanto sia costata l’opera inaugurata nel 1995  forse non lo sapremo mai, fatto sta che a Campi diverse opere pubbliche sono state gestite pensando in primis a grandi progetti, per poi negli anni seguenti ripensarci nuovamente.

Per settant’anni Campi Bisenzio è stata amministrata così,  sempre da politici dello stesso colore dove ognuno ha voluto imprimere il proprio “marchio di fabbrica”.

La memoria storica è utile, non tanto per rivangare errori o meriti, quanto per spiegare il tipo di gestione imbarazzante e “personalistica” che è stata fatta della città, mirata a spiegare bene un concetto: “qui comandiamo noi”.

Occorre invece guardare al futuro, consapevoli di quella che è la situazione economico-sociale di Campi e che si stanno spendendo i soldi dei cittadini, non quelli che l’ “Imperatore” crede di aver messo in cassaforte, conclude Quercioli.

 

 

 

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