Folta partecipazione, giovedì 17 maggio, alla serata organizzata dal candidato sindaco Adriano Chini per discutere delle conseguenze dell’omicidio di Aldo Moro sulla politica italiana a 40 anni di distanza da quel tragico evento. Con lui, ad analizzare gli aspetti della questione, l’onorevole Michele Ventura, all’epoca Segretario Provinciale del Pci di Firenze e membro della Direzione Nazionale del partito.
Di fronte a una platea gremita nel teatrino di Santo Stefano, l’aspirante primo cittadino alle prossime Comunali del 10 giugno ha rimarcato come sia necessario che la politica si occupi anche di temi alti e non si avviti solo sulla contingenza.
“Se ci concentriamo unicamente sul nostro orticello, perdiamo di vista i temi più ampi. Ovvero quelli di cui vale la pena discutere perché si generi una coscienza collettiva che non resti unicamente concentrata sui problemi locali, ma che spazi anche su tematiche che riguardano tutti. Fare politica significa anche tenere presente il mondo che ci circonda e che, volenti o nolenti, tocca da vicino tutti noi, anche se non sembra. Ecco la ragione di un incontro che vuole analizzare un fatto gravido di effetti negativi,che ha cambiato la società italiana in maniera irreversibile: se Moro fosse vissuto, il nostro Paese non sarebbe stato quello che è ora”.
Dopo un ampio excursus sui fatti che portarono al rapimento e poi all’uccisione dell’allora Segretario della Democrazia Cristiana, l’on. Ventura ha tracciato il quadro politico di quegli anni: “Qual era il progetto di Moro che era condiviso con Enrico Berlinguer? Riaprire al Pci dopo decenni di opposizione e allestire una collaborazione che consentisse al sistema democratico la possibilità dell’alternanza, perché questa è la fisiologia della democrazia. Se questo ricambio non si verifica, si inocula una patologia nel corpo democratico. Moro e Berlinguer concordavano su questo punto, ma in tanti non volevano questo compromesso storico e tale prospettiva è tramontata con l’uccisione del primo. Ha osato, ha rischiato e ha pagato con la vita questa scommessa di apertura”.
Ventura ha poi illustrato le conseguenze di questa morte: “Moro è stato vittima di un meccanismo che voleva bloccare la stagione delle riforme: non si trattava solo delle Br. C’era chi non voleva che la nostra democrazia si trasformasse in qualcosa di diverso rispetto a quello che era prima e preferiva l’immobilismo. La sua uccisione ha determinato un lento decadimento della politica e la fine dei pensieri lunghi. Non solo: il venir meno della considerazione del dovere civico e della solidarietà ha causato l’isolamento dell’individuo. Ecco perché oggi molti si lasciano abbindolare da suggestioni populiste. Quando in una società si inseriscono spinte individualistiche, il senso del sociale viene meno: ciascuno si trova ad affrontare le difficoltà in solitudine ed è più debole, mentre la politica dovrebbe fornire risposte collettive e tutti dovrebbero cooperare per trovarle”.