La parola all’avvocato: l’assegno scoperto

0
1390
Immagine per rubrica

Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa BaldocciMaria Serena Primigalli, Enrico Carti Marco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected]

Gentile avvocato,
ho ricevuto un assegno bancario per la vendita di un bene. Una volta recatomi in banca per incassarlo ho tuttavia scoperto che si tratta di un assegno a vuoto. Quali iniziative posso intraprendere per tutelarmi?

“Caro lettore,
per poter rispondere alla sua domanda è necessario fare una breve premessa sulla natura dell’assegno e sui tempi di pagamento.

L’assegno è un mezzo di pagamento che coinvolge nel suo schema classico tre soggetti: il soggetto che emette l’ordine di pagamento alla propria banca denominato traente, la banca di appartenenza che prende il nome di trattario ed il soggetto beneficiario dell’ordine di pagamento che prende il nome di prenditore.

Le disposizioni sull’assegno bancario sono contenute nel r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, che all’art. 32 scandisce i tempi per la presentazione all’incasso: 8 giorni se l’assegno è pagabile nello stesso comune in cui è stato emesso; 15 giorni se pagabile in altro Comune della Repubblica. Ulteriori termini sono previsti in ragione del luogo in cui deve essere pagato, non compreso in quelli sopra indicati.

Il caso che il lettore ci sottopone rientra nel c.d. “assegno scoperto” o “assegno a vuoto”, che si verifica ogniqualvolta una volta portato all’incasso un assegno, sul conto corrente del traente, non vi è liquidità sufficiente (liquidità che prende il nome di “provvista”) a coprire l’intero importo dell’assegno.

Ciò non significa necessariamente che il traente sia in malafede, essendo frequenti le ipotesi in cui pur avendo liquidità sufficiente a coprire l’assegno, questa non sia tuttavia presente nel conto corrente, a causa di una svista o di una dimenticanza del correntista.

Una volta portato all’incasso un assegno scoperto, viene avviata da parte della banca una specifica procedura che prevede l’invio di una comunicazione contenente l’avvertenza che un assegno da questi emessi è risultato scoperto e che potrà comunque entro il termine di 60 giorni, provvedere a regolarizzare la situazione pagando la somma portata dall’assegno maggiorata di una penale in misura fissa del 10%. La comunicazione conterrà inoltre un preavviso di revoca all’emissione di ulteriori assegni.

Il correntista ha quindi la possibilità di provvedere al versamento della somma maggiorata della percentuale fissa sopra indicata rendendo capiente il proprio conto corrente oppure effettuando direttamente il pagamento (sempre maggiorato) al beneficiario, facendosi firmare in quest’ultimo caso, una liberatoria.

Se il correntista non provvede nei 60 giorni a regolarizzare la posizione, la banca informerà la Centrale di allarme interbancaria per la revoca dell’autorizzazione all’emissione di assegni e il Prefetto del luogo dove l’assegno deve essere pagato, per l’avvio del relativo procedimento.

Il protesto è un atto formato da un Pubblico Ufficiale che viene iscritto nel Registro Informatico dei protesti tenuto presso le Camere di Commercio, con il quale si iscrive il nominativo del protestato, in relazione al mancato pagamento di un assegno.

Esso ha oltre a una funzione probatoria ai fini dell’esperimento dell’azione esecutiva nei confronti del traente, ha anche la funzione di estendere la responsabilità anche nei confronti dei giranti o eventuali avallanti.

Per quel che attiene il procedimento innanzi al Prefetto dove il traente avrà la possibilità di presentare le proprie osservazioni e di partecipare al procedimento, si segnala come le conseguenze dall’emissione di un assegno scoperto, a seguito del Decreto Legislativo 30 dicembre 1999 n.507 siano state ormai depenalizzate e ad oggi costituiscono un illecito amministrativo. Esse sono graduate in base al valore del titolo ed in alcuni casi, oltre a una sanzione pecuniaria si aggiunge l’impossibilità di emettere nuovi assegni per un determinato periodo o – nei casi più gravi in termini di importo del titolo- l’interdizione dall’esercizio della professione.

Pur essendo stato depenalizzato il reato, nei casi in cui l’emissione di un assegno a vuoto rientri in un disegno criminoso dove l’assegno è elemento costitutivo di altro reato, sarà possibile presentare all’autorità giudiziaria una denuncia /querela“.

Avv. ENRICO CARTI

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO