Forse un giorno qualcuno si divertirà a scrivere la storia di Sesto parlando degli alberi. Non gli mancherebbero certo gli spunti.
Potrebbe iniziare, per esempio, dall’albero della Libertà che, in epoca napoleonica, fu posto in piazza della Chiesa.
Si trattava di un simbolo derivante dalla Rivoluzione francese costituito da un albero (ma poteva trattarsi anche di un semplice palo) sormontato da un berretto frigio simbolo dei giacobini.
A ricordarlo, a più di un secolo di distanza fu Arturo Villoresi che così commentava quei fatti:
E così fra il declinare del XVIII secolo e il sorgere del XIX si abbe che alcune famiglie che incominciarono a emergere ad una certa fortuna, inneggiando al progresso favorirono gli spiriti bollenti che vollero, per le loro idee, dar vita agli alberi della libertà.
Anche Sesto, nella piazza della secolare pieve, vide il suo albero, che fu fatto a spese del Consiglio Comunitativo con la spesa di lire novanta (Arturo Villoresi)
Si potrebbe poi continuare con i tanti alberi di Monte Morello che nel XIII secolo furono abbattuti per volere dei notabili della Repubblica Fiorentina convinti che solo con il disboscamento si poteva permettere al vento di tramontana di giungere in città e bonificare l’aria. Finì che gli alberi sestesi furono utilizzati per le travature di Santa Croce, del Carmine e poi anche degli Uffizi senza nessun beneficio per la salute dei fiorentini.
Allo stesso modo si potrebbe parlare degli alberi che, viceversa, furono ripiantati sulle pendici del monte a partire dal 1909 anche grazie alla spinta dell’onorevole Giuseppe Pescetti.
E che dire poi di quella vecchia quercia che nella seconda metà dell’Ottocento si trovava nella zona di Villa Petraia (Castello all’epoca faceva parte del Comune di Sesto Fiorentino) e che, secondo alcuni, avrebbe ispirato Collodi per la scena dell’impiccagione di Pinocchio da parte del Gatto e la Volpe?
Si potrebbe continuare con storie più recenti se improvvisamente non fosse stato l’albero di Natale 2022 a ergersi a protagonista della cronaca (per la storia aspettiamo).
Di solito tocca ai pensionati criticare i lavori ancora in corso nei cantieri. Questa volta ci ha pensato addirittura un canale televisivo visibile in tutta Italia.
Il 24 novembre, quindi due giorni prima dell’inaugurazione, l’inviato della rete televisiva si è recato in piazza Vittorio Veneto per realizzare un servizio evidentemente senza chiedere spiegazioni a chi poteva fornirle. Eppure bastava fare qualche metro in più visto che il Palazzo comunale è nella stessa piazza. Che il sindaco fosse assente?
Ma quali sarebbero i problemi?
- L’albero è di plastica. “Tra l’atro credo che il Comune sia guidato dalla sinistra e dagli ambientalisti”
- Le luci si accedono solo con il gettone. “Insomma quest’anno se le luci le volete pagatevele da voi”
- La base in cemento al posto delle radici. “Ne ho visti di più belli, però magari lo copriranno” (Ah ecco)
In chiusura di servizio una domanda che il giornalista avrebbe dovuto porsi prima: “Forse non lo hanno ancora inaugurato”.
Lo vorrei ribattezzare come l’uomo che non trovava le luminarie, ma sa assai lui della Strada Nova o delle Fornaci.
Nei tempi previsti, l’Amministrazione comunale ha reso note tutte le iniziative che si terranno nel periodo natalizio.
In merito all’albero in particolare è stato specificato:
– che sarà illuminato in maniera continua e che le spese sono a carico del Comune e dei commercianti.
– che l’euro in più serve eventualmente per attivare la musica natalizia che proviene dall’albero stesso e che il ricavato sarà devoluto al Centro di Ascolto.
Come mostrano le foto la base dell’albero appare ben diversa da quella provvisoria fatta vedere in trasmissione.
Insomma l’opera può piacere oppure no, ma andrebbe valutata una volta compiuta. Il risultato è quello che vedete nella foto. A voi esprimere un parere.
Infine un commento da pensionato: “La naturale postura di chi osserva i cantieri è quella con le braccia dietro la schiena, e c’è un motivo: rende impossibile utilizzare un microfono. Puoi parlare lo stesso, ma sono pochi quelli in grado di sentire”.
DANIELE NICCOLI