L’appuntamento era fissato a inizio settembre, poche settimane prima l’inizio delle scuole. Il luogo di ritrovo per bambini, ragazzi e famiglie era il campo dei Giuseppini. Correva l’anno 1977 quando a Sesto Fiorentino si tenne la prima edizione dei “Giochi senza Quartiere”, manifestazione ispirata ai celebri “Giochi senza frontiere”, il noto programma televisivo andato in onda dal 1965 al 1982 e dal 1988 al 1999.
Per quattro, bellissimi anni diventarono una tradizione sestese, l’appuntamento fisso di fine estate. Le gare, in programma la sera, erano seguite da tantissime persone. A organizzarle erano giovani volontari con tanta voglia di fare (e di sporcarsi) e tanto spirito di sacrificio. Uno di questi era Demetrio Conti che abbiamo intervistato in esclusiva.
“I Giochi senza Quartiere si tennero dal 1977 al 1980 ed erano organizzati dal Centro Turistico Giovanile con sede, inizialmente, in piazza della Chiesa e poi in piazza Vittorio Veneto. Il CTG organizzava anche il Carnevale di Sesto Fiorentino.
I quartieri erano sette: Ragnaia, Sesto centro, Sesto stazione, Tondo, Giuseppini, Padule, Colonnata. Le gare si tenevano, se ricordo bene, il sabato e la domenica, sotto forma di semifinali e finale ed erano le più disparate: ad esempio si doveva riempire una bottiglia di vino da una damigiana dopo aver fatto un determinato percorso, tornare indietro e versare il vino in un recipiente. Ogni squadra, composta da ragazze e ragazzi di età compresa fra gli 8 e i 15 anni, aveva un capitano che poteva giocare il jolly. Se una squadra era sicura di giocare bene una gara, aveva la possibilità di raddoppiare i punti.
L’allestimento avveniva al campo dei Giuseppini, dove i più grandi – come Bellandi, Arrighetti, Cioni e Parigi – preparavano i carri del Carnevale. Gli adulti ci davano una mano. Meno male perché erano più bravi e preparati nello svolgere lavori manuali.
Così come nei “Giochi senza Frontiere”, anche nei “Giochi senza Quartiere” c’erano i giudici di gara. “Uno era Carlo Grassi che spesso portava con sé alcuni suoi colleghi del Coni. In mancanza di loro, erano gli adulti del Carnevale ad aiutarci”, ci spiega Demetrio Conti.
Come ogni gara che si rispetti, anche i “Giochi senza Quartiere” avevano il segnapunti. “Inizialmente costruimmo un cartellone artigianale. Era un pannello di legno sollevato da un ponteggio di tubi innocenti. I numeri erano scritti in cartone. Nel 1978 realizzammo il cartellone elettronico fatto da interruttori e lampadine. C’erano tantissimi fili. A occuparsi della parte elettrica del tabellone e delle luci su postazioni era Riccardo Baldi, fratello di Alessandro, attuale presidente della Pro Loco”.
Ma chi erano i quartieri più vincenti? “Il Tondo e Colonnata. Colonnata, però, spesso giocava ‘sporco’ perché schierava ragazzi allenati che facevano parte del gruppo Gualdo“, dice, sorridendo, il nostro interlocutore.
Tutto, però, è destinato a finire. Il sipario sui Giochi calò nel 1980. “Difficile dire perché. Forse per mancanza di voglia e di ricambio generazionale. Forse più semplicemente per assenza di sponsor. Certo che i Giochi erano un bel modo per divertirsi e stare in compagnia con altri ragazzi”, afferma l’intervistato con un po’ di nostalgia.
I “Giochi senza Quartiere” potrebbero essere riproposti? “Secondo me sì – conclude Demetrio Conti -. Allora erano organizzati dalle parrocchie, ma oggi pare che siano pochi i giovani interessati a simili iniziative. Bisognerebbe rispolverare i vecchi, ma è difficile. Quasi impossibile”.
PS: ringraziamo per la foto Antonio Pieri, presentatore dei “Giochi senza Quartiere“.
STEFANO NICCOLI
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