Giuliano Giachetti (Beo) e la beffa dello scudetto perso allo spareggio

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Foto tratta dal gruppo Facebook "Sesto com'era"

Inizia con questo articolo la pubblicazione di una serie di interviste a protagonisti della storia e della cronaca sestese degli ultimi anni. Personaggi noti e meno noti che ci ricordano episodi intrisi di “sestesità”.

In cucina è appesa la locandina dei campionati del mondo di pallavolo del 1956 a Parigi. In sala, tra romanzi e libri dedicati alla storia di Sesto Fiorentino, ci sono decine e decine di fotografie in bianco e nero. Risalgono alla metà degli anni cinquanta. Vi sono immortalati dei ragazzi. In alcune sono in riva al mare, in altre davanti al palazzo comunale, in altre ancora alla Lucciola, vestiti in canottiera e in pantaloncini, pronti ad affrontare la nazionale statunitense di pallavolo. Tra quei giovani c’è Giuliano Giachetti. Chi è più in là con gli anni se lo ricorda col suo soprannome: Beo. Era lo schiacciatore della Pallavolo Sestese, vincitrice del campionato di Serie B e vice campione d’Italia nel 1957. Giuliano mi accoglie nella sua casa, ad un passo – nemmeno a farlo a posta – dal palazzetto dello sport “Vinicio Tarli” e per più di un’ora mi parla della sua esperienza in maglia rossoblù.

Beo è diventato famoso con le mani, ma, prima di dedicarsi al volley, utilizzava i piedi:

Ho giocato a calcio fino a quindici anni, avevamo il campo sportivo alla stazione. Poi sono andato alla Polisportiva. Stavano iniziando a costruire il campo da pallavolo, davo una mano anch’io. Adriano Rimorini, il Nano, mi chiese se volevo cominciare a giocare a pallavolo e così iniziai. Facemmo la scalata dalla Serie C alla Serie A“.

Giuliano Giachetti

Di partite, Giuliano, ne ha giocate tante. Compresa quella contro la rappresentativa degli Stati Uniti. Correva l’anno 1953, piena Guerra Fredda tra USA e Unione Sovietica.

All’epoca la situazione politica a Sesto non era messa bene. Gli americani erano i nemici, i russi gli amici. Rimorini, il nostro allenatore, era assessore per il Partito Comunista. Noi della Sestese fummo ricevuti in Comune dal sindaco insieme agli americani, c’era anche l’ambasciatore statunitense“.

Le due squadre scesero in campo il 30 agosto nei giardini della Lucciola, Fronte della Gioventù all’epoca.

Per ospitalità scegliemmo di giocare con il pallone di gomma, quello utilizzato dagli americani. Noi, invece, usavamo, quello di cuoio, molto più pesante. Il pallone di gomma ci scivolava dalle mani, non riuscivamo a palleggiare da quanto era leggero. Commettevamo spesso la doppia trattenuta. In più come arbitro c’era un fiorentino bischero che non considerò che si trattava di una semplice partita amichevole. Era molto rigido. Perdemmo quasi senza giocare, ci fischiava tutte le doppie trattenute e all’epoca non c’era il bagher. Mi ricordo ancora il cognome dell’arbitro: Begl’Omini“.

Il giardino della Lucciola era gremito fino all’inverosimile per quella gara dal forte significato ideologico. Tanti sestesi, infatti, assistettero all’evento come se da esso potessero scaturire le sorti dell’Italia.

All’epoca la pallavolo era molto sentita. Quando le persone seppero che sarebbero arrivati gli americani, corsero in massa a vederci. Non cascava un chicco di panìco da quante persone c’erano”, continua Giuliano.

La Pallavolo Sestese in Comune con gli americani
La Pallavolo Sestese contro gli Stati Uniti

Sulle felpe degli americani c’era scritto il nome dello Stato di provenienza. Qualcuno propose, ironicamente, di stampare sulle maglie il nome dei rioni di Sesto. Leggenda o verità?

Tutto vero, la cosa, però, non si concretizzò, fu solo una battuta, non sapevamo che gli americani si sarebbero presentati con quelle divise. Se lo avessimo saputo prima, avremmo potuto giocare con le maglie con su scritto Querceto, Colonnata, Padule, Quinto, sotto i’treno ecc…“.

La Pallavolo Sestese contro gli Stati Uniti

Torniamo in casa della Pallavolo Sestese. Com’era organizzata la società rossoblù?

E’ molto semplice: contavano i giocatori e l’allenatore. Dovevamo pagarci i viaggi e l’alloggio. Vinicio Tarli ci fece fare dei tony rossi, di lana, con su scritto Sestese, ma li dovemmo pagare noi un po’ alla volta. All’epoca veniva mangiato tutto dal calcio. Alla Polisportiva la pallavolo faceva parte dell’atletica, i soldi erano pochi“, mi dice sconsolato Giuliano.

Per la Sestese la metà degli anni cinquanta vuol dire vittoria del campionato di Serie B. Siamo nel 1955.

Una volta giocammo a Roma, un’altra a Ravenna, un’altra a Venezia contro i Vigili del Fuoco. Vincemmo tutte e tre le partite. La finale era ad Ancona, ma non era in gara secca, era un mini torneo. Mi ricordo che, tra le altre squadre, c’era la Pirelli di Milano. Vincemmo il campionato grazie alla penetrazione, una tattica che Rimorini si era fatto spiegare da un’atleta russa a Berlino. I nostri avversari non si raccapezzavamo di questa nuova strategia, si vedevano arrivare tre schiacciatori, non più due“.

La Pallavolo Sestese vincitrice del campionato di Serie B ad Ancona

Note liete, ma, purtroppo, anche dolenti. Impossibile dimenticare lo spareggio scudetto perso contro Avia Pervia Modena il 14 luglio 1957.

“Vincemmo in casa l’ultima giornata del campionato proprio contro Modena, ma ci diedero la sconfitta a tavolino per 3-0 perché un ragazzo sparò in campo un colpo con una scacciacani. Si chiamava Giachetti come me, abitava in via Mazzini, impossibile dimenticare il nome. Fu una doppia beffa. L’arbitro avrebbe potuto far rigiocare la partita, non darla persa. Avevamo tre punti di vantaggio sugli emiliani, senza quell’episodio saremmo andati a più sei e quindi avremmo vinto lo scudetto. Invece, con la sconfitta a tavolino, Modena ci raggiunse a pari merito e così giocammo lo spareggio a Bologna (Nel libro “Dal dopolavoro agli scudetti” di Aldo Capanni e Gustavo Pallicca viene riportata una versione diversa e non si fa riferimento a partite perse a tavolino in quella stagione, ndr). Ci mancavano tre giocatori: Luigi Zipoli e Dante Danti erano a Roma a fare il militare e Piero Zipoli era a Palermo. Non ricordo se Dante Peschini era infortunato. Dopo aver perso il primo set, vincemmo il secondo e il terzo. Nel quarto eravamo in vantaggio per 7-2 quando dovetti lasciare il campo per la rottura della cintura anti ernia. In bagno rifeci il gancio con la bocca, mi sbucciai tutti i denti. All’epoca non c’era una squadra medica“.

Come è scritto nel libro “Sesto, una bella storia“: “Beo rientrò solo nei minuti finali quando la partita era quasi compromessa. Proprio una sua schiacciata, finita fuori dopo un’evidente deviazione, determinò la fine dell’incontro e l’inizio dell’epica rissa. La Sestese presentò ricorso e l’assegnazione del titolo fu sospesa. L’Ala Pervia fu dichiarata campione d’Italia solo tre mesi dopo“.

Andò esattamente così – conferma Giuliano -. A fine partita vedevo le stelle, ero in tilt, schiacciare e fare il muro era faticoso. Buzzega, il giocatore del Modena, sfiorò la mia schiacciata. Io cominciai a piangere perché avevamo perso il campionato. Pierino andò da lui e gli disse: ‘Dì all’arbitro che l’hai toccata’. Lui, però, non disse niente, d’altronde che avrebbe dovuto dire, anch’io avrei fatto finta di nulla. Dopo di che Federzoni, riserva dell’Avia Pervia, andò da Pierino e lo spinse. Mi avvicinai a Federzoni e gli dissi di lasciarlo stare. Federzoni, però, si mise in posizione per fare a cazzotti. Fu una rissa totale, mamma mia“. Questo l’organico della squadra vice campione d’Italia: Brunello Lumini, Alvaro Scarlini, Giovanni Biagiotti, Silvano Bongianni, Piero Tossani, Piero Zipoli, Luigi Zipoli, Adriano Rimorini, Giuliano Giachetti, Bruno Mannini, Dante Peschini, Angelo Zipoli, Dante Danti. Tutti sestesi.

Sono passati tanti anni da quella partita maledetta. La pallavolo è cambiata drasticamente. Qual è il rapporto di Giuliano Giachetti detto Beo (il nome di suo padre) con questo sport adesso? “Mio figlio, nato nel 1971, gioca a pallavolo nelle Tre Pietre e la mia nipotina di otto anni ha giocato pochi giorni fa la sua prima partita di pallavolo. Da quando ho smesso, non ricordo l’anno, non sono più tornato a vedere una gara della Sestese. Anche gli altri miei compagni smisero e così finì un ciclo. Attaccai scarpe e maglia al chiodo e mi diedi alla caccia nel Pantano“.

STEFANO NICCOLI

 

 

 

 

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