1 febbraio 1442 – La Compagnia dei Buonomini

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Antonino Pierozzi
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

1 febbraio 1442 – La Compagnia dei Buonomini

 

Il primo di Febbraio 1442 il priore del convento di San Marco, Antonino Pierozzi, creò la Compagnia dei Buonomini di San Martino, una confraternita composta da dodici persone (Buonomini) che avevano il dovere di soccorrere i poveri vergognosi ovvero i ricchi caduti in disgrazia per motivi politici o in seguito a rovesci finanziari. Si trattava di persone che, per orgoglio e per vergogna, non chiedevano elemosina, ma la accettavano più che volentieri a patto di restare nell’anonimato.

 

La compagnia aveva sede nella Chiesa di San Martino, probabilmente la stessa in cui, anni prima, era stato celebrato il matrimonio fra Dante e Gemma Donati. La scelta della chiesa non fu casuale perché Martino era il santo che, nonostante i rigori dell’inverno, aveva regalato ad un povero metà del suo mantello. Molti personaggi di rilievo della storia fiorentina hanno sostenuto il lavoro della Compagnia, tra questi, Girolamo Savonarola, Lorenzo il Magnifico, Giuliano dei Medici e Giulio dei Medici, futuro papa Clemente VII. Quando i Buonomini si trovavano con le casse vuote, avevano necessità di chiedere uno sforzo particolare ai sostenitori. Per evidenziare questa esigenza erano soliti accendere una candelina in prossimità della porta d’ingresso dell’oratorio, in modo che fosse visibile a tutti. Si diceva allora che i Buonomini erano

ridotti al lumicino

Da allora questo modo di dire sta ad  indicare qualcuno che si trova in estreme condizioni di bisogno.
Antonino  Pierozzi fu Priore del Convento di San Marco nel periodo in cui il Beato Angelico ne affrescava le celle con episodi tratti dal Nuovo Testamento nei quali San Domenico indicava ai frati l’esempio da seguire.

 

L’Angelico probabilmente ebbe l’incarico di sovraintendere all’intera opera di decorazione della Chiesa, del chiostro e delle celle, ma alcuni episodi furono realizzati dai suoi allievi tra cui figurava anche Benozzo Gozzoli. Qualche anno più tardi quest’ultimo ricevette da Piero il Gottoso l’incarico di affrescare la Cappella dei Magi all’interno di Palazzo Medici in via Larga. L’episodio evangelico fu un pretesto per rendere omaggio ad un grande successo politico ottenuto da Cosimo il Vecchio: il Concilio del 1438-1439 che si tenne a Firenze e che sancì, seppure per un breve periodo, la riunificazione fra la chiesa romana e quella bizantina. La Cavalcata dei Magi rappresenta, realmente, l’esotico corteo di personalità che giunse a Firenze da Ferrara, città cui Cosimo aveva sottratto, grazie alla sua potenza economica, il privilegio di essere sede del Concilio.

La realizzazione della cappella fu possibile grazie all’intervento di Papa Martino V. Era la prima volta che succedeva in un palazzo privato. L’episodio la dice lunga sul potere che avevano raggiunto i Medici che, nella circostanza, si spinsero anche oltre. Per la gloria della famiglia, nella parete est dell’affresco, confusi nel corteo furono rappresentati gli esponenti della famiglia Medici e dei loro alleati. Singnificativo è soprattutto il fatto che il giovane Lorenzo presti la propia faccia al più giovane dei re Magi. Una indicazione non certo velata su quelle che erano le ambizioni della famiglia.

 

Daniele Niccoli

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