13 luglio 1859 – Primo numero de “La Nazione”

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La Nazione
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

13 luglio 1859 – Primo numero de “La Nazione”

Nel pomeriggio del 13 luglio 1859 in tutta Italia si sparse la voce che a Villafranca fossero stati firmati i preliminari della pace che avrebbe messo fine alla seconda guerra d’indipendenza. Napoleone III, preoccupato per il possibile espandersi del conflitto, aveva proposto un armistizio all’Austria. Per chi aveva visto nell’alleanza fra i Savoia e l’Imperatore francese il momento decisivo per la liberazione dell’Italia settentrionale si trattò di una delusione cocente e inaspettata.

Tra i più amareggiati fu Bettino Ricasoli, capo del governo provvisorio della Toscana che non vedeva di buon occhio il ritorno dei Lorena alla guida del Granducato e confidava, anzi, nell’annessione al Regno di Sardegna.

Soltanto due mesi prima di questi fatti, si era espresso negativamente circa la nascita di un giornale che propugnasse l’Unità d’Italia, ma i nuovi eventi gli fecero cambiare idea. Nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno convocò in Palazzo Vecchio il banchiere Carlo Fenzi, il giurista Piero Puccioni e il patriota Leopoldo Cempini cui impartì l’ordine perentorio di dar vita entro la mattina successiva ad un nuovo giornale a cui impose il nome “La Nazione”.

I tempi stabiliti da Bettino Ricasoli erano più che risicati, ma la mattina del 14 luglio il giornale, seppure in formato di “mezza pagina” e senza l’indicazione del prezzo, era pronto. Il primo articolo di fondo fu firmato da Alessandro D’Ancona che dichiarò categoricamente che l’intento del giornale era quello di propugnare gli interessi italiani e i princìpi di Indipendenza, Unità e Libertà.

Dall’intuizione di Ricasoli nacque quindi quello che oggi è il più antico quotidiano d’Italia. Voluto dal capo del governo provvisorio della Toscana, il giornale mantenne negli anni la sua vocazione al sostegno dei partiti al potere, soprattutto quando questi furono di stampo conservatore.

Bettino Ricasoli segnò la politica italiana nel decennio successivo. Alla morte di Cavour divenne il secondo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia. Per il suo modo di fare inflessibile si guadagnò l’appellativo di Barone di ferro.

Dopo la caduta del suo secondo governo tornò ad occuparsi di agricoltura nella sua tenuta di Brolio. Pensò soprattutto a migliorare la coltivazione della vite e i processi della vinificazione. Il suo più grande merito fu quello di aver disciplinato la mescolanza delle uve per ottenere l’odierno vino Chianti: 7/10 di Sangiovese, 2/10 di Canaiolo, 1/10 di Malvasia o Trebbiano. Fu durissimo anche nella gestione della tenuta. I contadini, durante le sue visite alla tenuta, erano terrorizzati, non potevano perdere tempo neanche a salutarlo e, soprattutto, non si dovevano permettere di far sparire anche una sola pesca o un solo grappolo d’uva.

La leggenda vuole che Ricasoli abbia continuato a terrorizzare gli abitanti di Brolio anche dopo la morte mostrandosi di notte tutto vestito di nero in groppa al suo cavallo.

DANIELE NICCOLI

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