23 maggio 1498 – Esecuzione di Girolamo Savonarola

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

23 maggio 1498 – Esecuzione di Girolamo Savonarola

Le prediche di Girolamo Savonarola in favore di un rinnovamento spirituale della Chiesa determinarono una risposta decisa da parte di papa Alessandro VI che prima scomunicò il frate, e poi minacciò di interdetto la città di Firenze se non gli avesse consegnato lo stesso Savonarola.

Le difficoltà del frate ferrarese consentirono ai suoi avversari, gli arrabbiati, fiancheggiatori dell’aristocrazia e i palleschi, sostenitori dei Medici, di rialzare la testa. La situazione, sempre più esasperata precipitò quando un frate francescano sfidò Savonarola alla prova del fuoco. La pioggia torrenziale impedì lo svolgimento della prova che si doveva tenere il 7 aprile 1498. Tra i sostenitori del frate qualcuno gridò al miracolo, ma il tempo di Savonarola stava ormai per finire. La notte successiva il convento fu assalito e la campana di San Marco suonò inutilmente per chiamare i fedeli a protezione. Il frate fu catturato e rinchiuso nell’Alberghetto della Torre di Arnolfo insieme ai due confratelli, Domenico Buonvicini e Silvestro Maruffi.

Fu processato per eresia, sottoposto a tortura e, dopo avergli estorto la confessione, condannato a morte. L’esecuzione avvenne il 23 maggio 1498 in Piazza della Signoria. Dopo l’impiccagione i tre frati furono arsi su una grande pira e le loro ceneri furono gettate in Arno affinché non diventassero oggetto di venerazione.

La mattina dopo il luogo dell’esecuzione apparve completamente ricoperto di fiori e petali di rose. L’ultimo omaggio che fiorentini vollero recare al frate di Ferrara. La tradizionale cerimonia della Fiorita del 23 maggio in Piazza della Signoria resiste anche dopo più di cinquecento anni.

Insieme al frate quel giorno fu zittita anche la campana di San Marco, detta la Piagnona perché chiamava a raccolta i seguaci del Savonarola definiti Piagnoni perché spesso indotti al pianto dalle prediche del frate. Dopo l’esecuzione dei tre frati, la campana fu calata dal campanile, portata fino al patibolo, frustata dal boia e infine spostata nel campanile della Chiesa di San Salvatore al Monte sotto l’osservazione dei frati francescani.

Curiosamente in questa Chiesa furono sepolti anche Jacopo Nerli detto Tanai, il Gonfaloniere responsabile del supplizio della campana, e Marcello Virgilio Adriani, segretario della Repubblica fiorentina che firmò la sentenza di morte di Savonarola.

Nel 1509, quando fu permesso ai domenicani di tornare nel convento di San Marco, la Piagnona fu risistemata nel campanile di San Marco. L’operazione fu condotta da uno dei maggiori artisti dell’epoca, Simone di Tommaso d’Antonio Pollaiolo detto il Cronaca perché sempre informato sugli avvenimenti cittadini. Agli inizi del Novecento la campana è andata definitivamente in pensione e oggi è conservata nella sala del capitolo della Chiesa di San Marco.

Daniele Niccoli

 

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