I Medici, Savonarola: dai falò della vanità al rogo finale

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Savonarola
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Nell’ultima puntata della serie Rai I Medici abbiamo assistito allo scontro tra Lorenzo e Girolamo Savonarola. Ma chi era il frate ferrarese?

Cerchiamo di saperne di più sfogliando gli appunti per la stesura di Firenze 365

Gli anni ’90 del Quattrocento a Firenze furono caratterizzati dalle predicazioni di Girolamo Savonarola, il frate ferrarese avverso alla dittatura medicea e motivato a cambiare i costumi della Chiesa. Le sue prediche apocalittiche affascinavano sia il popolo minuto che i potenti stanchi del potere esercitato dalla Chiesa. Nei focosi sermoni pronunciati in San Marco e in Duomo, il moralismo di Savonarola si abbatteva soprattutto sul clero corrotto, ma anche i costumi dei fiorentini furono bersaglio del suo fanatismo. Propose l’abolizione del lusso e dell’usura, la soppressione delle feste e il taglio della lingua a chi bestemmiava. Impose un’imposta a tutti quelli che conducevano una vita disordinata e inasprì le pene nei confronti di chi praticava l’omosessualità e la sodomia.

chi fussi trovato la prima volta, stessi in gogna,
la seconda, fussi uggellato alla colonna,
la terza, fussi arso                                                                         Luca Landucci

La sua dottrina trovò massima espressione nel  falò delle vanità del 7 febbraio 1497 quando in un grande rogo fu bruciato tutto ciò che era simbolo di decadenza dei costumi. Nel falò finirono specchi, cosmetici, vestititi lussuosi, strumenti musicali ma anche libri e dipinti che trattavano temi della mitologia classica dovevano essere distrutti. Anche pittori come Botticelli furono coinvolti da questo furore distruttivo e abbandonarono consapevolmente alcune loro opere sul rogo. Il fuoco avrebbe dovuto purificare le coscienze e far sì che nessun potere e soprattutto nessun tiranno si potesse interporre tra il popolo fiorentino e Cristo dichiarato suo Re. Dopo la seconda cacciata dei Medici e il ritorno alla Repubblica, i sostenitori del frate di Ferrara incisero la formula della proclamazione di Cristo Re sulla facciata di Palazzo dei Priori.

Iesus Christus rex Fiorentini populi S.P. Decreto Electus

Le predicazioni di Girolamo Savonarola in favore di un rinnovamento spirituale della Chiesa determinarono una risposta decisa da parte del Papa Alessandro VI che prima scomunicò il frate, e poi minacciò di interdetto la città di Firenze se non gli avesse consegnato Savonarola. Le difficoltà del frate ferrarese consentirono agli avversari, gli arrabbiati, fiancheggiatori dell’aristocrazia e i palleschi, sostenitori dei Medici, di rialzare la testa. La situazione precipitò quando un frate francescano sfidò Savonarola alla prova del fuoco. La pioggia torrenziale impedì lo svolgimento della prova.  I sostenitori del frate gridarono al miracolo, ma il tempo di Savonarola stava ormai per finire. La notte successiva il convento fu preso d’assalto e la campana di San Marco suonò inutilmente per chiamare i fedeli a protezione. Il frate fu catturato e rinchiuso nell’Alberghetto della Torre di Arnolfo insieme ai due confratelli, Domenico Buonvicini e Silvestro Maruffi. Fu processato per eresia, sottoposto a tortura e, dopo avergli estorto la confessione, condannato a morte. L’esecuzione avvenne il 23 maggio 1498 in Piazza della Signoria. Dopo l’impiccagione i tre frati furono arsi su una grande pira e le loro ceneri furono gettate in Arno affinché non diventassero oggetto di venerazione. La mattina dopo il luogo dell’esecuzione apparve completamente ricoperto di fiori e petali di rose. L’ultimo omaggio che fiorentini vollero recare al frate di Ferrara. La tradizionale cerimonia della Fiorita del 23 maggio in Piazza della Signoria resiste anche dopo più di cinquecento anni.

Insieme al frate quel giorno fu zittita anche la campana di San Marco, detta la Piagnona perché chiamava a raccolta i seguaci del Savonarola definiti Piagnoni perché spesso indotti al pianto dalle predicazioni del frate. Dopo l’esecuzione dei tre frati, la campana fu calata dal campanile, portata fino al patibolo, frustata dal boia e infine spostata nel campanile della Chiesa di San Salvatore al Monte sotto l’osservazione dei frati francescani. Curiosamente in questa Chiesa furono sepolti anche Jacopo Nerli detto Tanai, il Gonfaloniere responsabile del supplizio della campana, e Marcello Virgilio Adriani, segretario della Repubblica fiorentina che firmò la sentenza di morte di Savonarola. Nel 1509, quando fu permesso ai domenicani di tornare nel convento di San Marco, la Piagnona fu risistemata nel campanile di San Marco. L’operazione fu condotta da uno dei maggiori artisti dell’epoca, Simone di Tommaso d’Antonio Pollaiolo detto il Cronaca perché sempre informato sugli avvenimenti cittadini. Agli inizi del Novecento la campana è andata definitivamente in pensione e oggi è conservata nella sala del capitolo della Chiesa di San Marco

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