19 maggio 1462 – Nasce Baccio D’Agnolo

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Gabbia per grilli
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

19 maggio 1462 – Nasce Baccio D’Agnolo

Fra i tanti artisti del Rinascimento fiorentino, Baccio d’Agnolo non riveste certo un ruolo di primo piano eppure sembra appropriato ricordarlo se non altro per dimostrare che il salace carattere dei fiorentini non è una caratteristica solo di questo secolo.

Baccio d’Agnolo lavorò insieme al Cronaca (Simone del Pollaiolo) e Antonio da Sangallo all’opera del Duomo dal 1507 al 1515 quando si ritirò sdegnato per le critiche mossegli da Michelangelo.

Baccio aveva avuto l’incarico di costruire il ballatoio alla base della Cupola del Brunelleschi. Nel 1515 terminò i lavori sulla facciata che guardava il canto de’ Bischeri ma Michelangelo, certamente un genio, ma anche un personaggio dal carattere a dir poco difficile sostenne che le dimensioni del ballatoio erano così modeste rispetto alla maestosità della Cupola che sembrava una gabbia per grilli.

Tale era il rispetto dovuto al grande Michelangelo che l’opera fu immediatamente sospesa e ancora oggi siamo in attesa di qualcuno che la completi. Alla base dell’astio del Buonarroti potrebbe esserci il particolare non trascurabile che il suo progetto era stato in precedenza bocciato. Si parlò, probabilmente a ragione, anche di problemi di staticità.

Anche un grande genio come il Buonarroti però avrebbe dovuto fronteggiare durante il suo percorso artistico non poche critiche. Nel 1534 ottenne da papa Clemente VII l’incarico di dipingere la parete dietro l’altare della Cappella Sistina. I lavori iniziarono solo nel 1536 quando Clemente VII era ormai morto e sul soglio pontificio sedeva Paolo III, ovvero Alessandro Farnese. Durarono cinque anni ma, ancora prima che fosse conclusa, l’opera fu aspramente criticata per l’oscenità dei nudi e per supposto tradimento della verità evangelica. Sembrava, infatti, blasfemo dipingere un Cristo senza barba, gli angeli senza ali e i santi senza aureola.

Tra i più accesi critici dell’opera vi fu il maestro di Cerimonie del Papa, tale Biagio da Cesena che considerava il lavoro di Michelangelo, con le sue nudità, più adatto per un bagno che per un luogo sacro. Emerse allora quello spirito fiorentino di cui certo non difettava il Maestro.

Michelangelo raffigurò Minosse, il giudice dell’inferno, con la faccia di Biagio, con le orecchie d’asino e coprì le sue “vergogne” facendo ingoiare il membro maschile a un serpente. Le polemiche ovviamente non si placarono e Michelangelo rischiò di finire davanti al Santo Uffizio.

Nel 1564 fu decisa la copertura di ogni oscenità. L’opera fu affidata a Daniele da Volterra che si guadagnò così l’appellativo di “braghettone”. La parte più distruttiva fu quella relativa alle figure di San Biagio e Santa Caterina d’Alessandria. Questa parte del dipinto era stata oggetto delle critiche più feroci perché Michelangelo aveva rappresentato i due santi in una posizione che ricordava la copula.

Daniele Niccoli

 

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