7 marzo 1960 – L’ultimo mandato per Giorgio La Pira

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

7 marzo 1960 – L’ultimo mandato per Giorgio La Pira

E’ stato uno dei padri fondatori della Costituzione Italiana, deputato alla Camera dei Deputati, sottosegretario al Ministero del Lavoro, professore universitario di diritto romano, ma per i fiorentini, Giorgio La Pira, è stato soprattutto il sindaco visionario e santo.

Fu eletto la prima volta nel 1951 e immediatamente pose al centro della sua politica, che s’intrecciava con l’impegno religioso, il diritto alla casa e al lavoro anche a costo di sfidare le regole del conformismo degli anni’50. La città si trovava di fronte ad una grave emergenza di carenza di alloggi e così diede vita ad un vasto programma di costruzione di alloggi popolari. Per il sussistere del problema chiese inutilmente di gradualizzare gli sfratti e la disponibilità, da arte dei proprietari, ad affittare al Comune. Vista l’indisponibilità, ordinò la requisizione degli immobili stessi, basandosi su una legge del 1865 che dava la facoltà al Sindaco di requisire alloggi in presenza di gravi motivi sanitari o di ordine pubblico. L’iniziativa scatenò polemiche violentissime alle quali La Pira rispose con un appassionato discorso durante il Consiglio Comunale:

Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva, prima che dalla mia posizione di capo della città, dalla mia coscienza di cristiano   (Giorgio La Pira)

Non meno aspre furono le polemiche relative alla chiusura della Pignone nel 1953. La Pira si schierò apertamente con gli operai che avevano occupato la fabbrica e non si lasciò intimorire neanche dalle proteste di Amintore Fanfani che lo accusò di essersi trasformato da sindaco a capo di agitazioni sindacali:

tu come, Ministro dell’Interno non m’incuti nessuna paura e non mi susciti neanche, perdona, speciale rispetto   (Giorgio La Pira)

Alla fine ottenne un accordo con L’Eni di Enrico Mattei e salvò duemila posti di lavoro. Fu di nuovo eletto sindaco il 7 marzo 1960, ma la sua stagione politica stava volgendo al termine, troppo scomodo per la Democrazia Cristiana dell’epoca e per la Chiesa fiorentina del Cardinale Ermenegildo Florit.

DANIELE NICCOLI

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