Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
28 maggio 2005 – Una targa per il Lachera
Giuseppe Lacheri, più famoso come Lachera, era un venditore ambulante che spesso sostava presso la Piazza del Mercato Nuovo, meglio conosciuta come Loggia del Porcellino. Vendeva frittelle, bomboloni, castagnaccio, pan di ramerino e altri dolciumi dispensando buonumore e battute salaci:
La venga sposa, la prenda questo coso caldo in bocca;
se la ‘un si spiccia ‘un gliene tocca!
Bambini piangete la mamma la ve lo compra.
Il babbo sarà severo, ma la mamma l’è tanto ficona!
Era il prototipo del bottegaio fiorentino che è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Il suo spirito, in un’epoca in cui si subappaltano agli extracomunitari anche i chioschi del lampredotto, è diventato difficile da rintracciare ma ti può improvvisamente sorprendere in qualsiasi angolo di Firenze. Carlo Lorenzini ne tracciò un ritratto efficace
Il Lachera non era nemmeno un tipo:
era piuttosto la facezia arguta e frizzante fatta uomo;
era il vero brio sarcastico fiorentino, travestito da venditore (Carlo Lorenzini)
Le battute del Lachera non risparmiavano neanche i governanti, Lorena o Savoia che fossero. Quando nel 1849 il Porcellino, dopo il restauro, fu ricollocato sotto la Loggia, il Lachera volle così commentare:
L’hanno ripulito, ma l’è sempre il solito porco!
Poteva sembrare una battuta sulla statua del Tacca, ma guarda caso proprio in quei giorni il granduca Leopoldo II era tornato dall’esilio di Gaeta vestendo una, per lui inusuale, divisa da generale asburgico. L’idillio con i fiorentini era finito e il Lachera volle rimarcarlo.
Nel 1859, nel bel mezzo della crisi scaturita dalla Seconda Guerra d’Indipendenza costruì un pupazzo di stracci che portava in giro per tutta la città e a cui rivolgeva pesanti insulti. Tutti sapevano che quel fantoccio rappresentava il granduca, ma quest’ultimo, dimostrando uno spirito umoristico degno dei fiorentini che aveva governato per tanti anni, non prese mai provvedimenti seri contro di lui.
Il 28 maggio 2005 il Comune di Firenze ha voluto ricordare il suo “mordace” cittadino con una lapide laddove era solito sostare con il suo barroccino.
Daniele Niccoli
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