29 ottobre 1955 – La Loggia del pesce in piazza dei Ciompi

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Loggia del Pesce

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

29 ottobre 1955 – La Loggia del pesce in piazza dei Ciompi

Il pesce d’Arno ha rappresentato per molto tempo una risorsa alimentare fondamentale per i fiorentini. Anticamente i pesciaioli ne esercitavano la vendita in prossimità del Ponte Vecchio, ma nel 1567, durante i lavori per la realizzazione del Corridoio vasariano, così come i beccai, anche i commercianti di cavedani e alborelle trovarono una nuova sistemazione nella zona del Mercato Vecchio.

Cosimo I ordinò, per la loro attività, la costruzione di una loggia che fu affidata a Giorgio Vasari. La Loggia rischiò la distruzione durante il risanamento di fine Ottocento. Si salvò solo grazie all’intraprendenza di Guido Carocci, uno studioso della storia di Firenze che si oppose alla distruzione del centro storico e che, nel caso specifico, fece smantellare la Loggia conservando le parti meglio conservate presso il museo di San Marco. Grazie al suo intuito il comitato per l’estetica cittadina decise, molti anni dopo, di ricostruirla in piazza de’ Ciompi. I lavori, affidati all’ingegnere Giulio Cesare Lensi Orlandi Cardini, terminarono con l’inaugurazione del 29 ottobre 1955.

Se per la Loggia ci fu un lieto fine, altrettanto non si può dire di molti altri edifici. Nelle demolizioni andarono perse 26 strade, 20 piazze, 18 vicoli e 341 immobili. Tra questi le vecchie case dei Medici, degli Strozzi, le sedi di molte Arti, numerose chiese e tabernacoli. Furono demolite anche alcune torri medioevali come quella dei Caponsacchi e quella degli Amieri.

Quest’ultima era legata alla vicenda di Ginevra che lì viveva insieme alla sua famiglia. Le cronache la descrivono come una bellissima ragazza innamorata di Antonio Rondinelli ma che, per volere del padre, andò in sposa al commerciante Francesco Agolanti. Pochi giorni dopo il matrimonio Ginevra contrasse la peste e, in una mattina del 1396 fu trovata morta. Tra la costernazione generale fu esposta nella cappella di famiglia in attesa della tumulazione.

Si trattava però di una morte apparente e così durante la notte, Ginevra, vestita dei pochi veli che le erano stati messi indosso, raggiunse la casa del marito che però pensando si trattasse di un fantasma, la scacciò. Stessa sorte le capitò all’abitazione dei genitori. Solo l’amato Rondinelli, per quanto stupito, l’accolse in casa tranquillizzandola. Di lì a poco Francesco Agolanti si rivolse al Tribunale Ecclesiastico per rivendicare i diritti di marito e pretendendo il ritorno a casa della moglie. In seguito alla drammatica deposizione di Ginevra, il Vicario del Vescovo però decise che il primo matrimonio fosse da considerare sciolto a causa della morte e che Ginevra, quindi, avrebbe potuto sposare Antonio. La vicenda è stata raccontata in molte opere letterarie e, nel 1936, fu presa a spunto anche per un film che vide protagonisti Elsa Merlini e Amedeo Nazzari.

Daniele Niccoli

 

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