10 dicembre 1565 – Firenze ha il suo Nettuno

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Piazza della Signoria-Biancone 2
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

10 dicembre 1565 – Firenze ha il suo Nettuno

Negli anni del suo governo Cosimo I si dedicò anche alla glorificazione della famiglia e, grazie agli artisti del secolo, cambiò il volto di Firenze con la costruzione degli Uffizi, la realizzazione del giardino di Boboli e il rimodernamento di Palazzo Vecchio. I simboli della forza del Granduca furono soprattutto le nuove statue erette in piazza della Signoria che però ebbero la sfortuna di essere poste al cospetto del David e sotto lo sguardo critico dei fiorentini. Questo le rese vittime di giudizi esageratamente salaci e, talvolta, ingiustificati.

La prima a essere realizzata, e criticata, fu Ercole e Caco di Baccio Bandinelli, ingiustamente considerata dai cittadini fiorentini un inutile ammasso di muscoli e paragonata da benvenuto Cellini a un sacco di poponi.
L’ultima della serie fu invece la fontana Nettuno che avrebbe dovuto esaltare la gloria marinara recentemente assunta da Firenze. La statua fu realizzata da Bartolomeo Ammannati e scoperta in occasione delle nozze di Francesco I con la granduchessa Giovanna d’Austria. A causa delle dimensioni tozze del corpo rispetto alla mole della testa, la statua fu subito chiamata in maniera dispregiativa Il biancone e già da allora non si mancava di dire:

Ammannato, Ammannato,
che bel marmo t’hai sciupato

Ben altra sorte toccò al Perseo che Cosimo I volle a rappresentare il potere del Granduca che guarda tutti dell’alto verso il basso mentre taglia la testa alla medusa che, con i serpenti che escono dalla testa, rappresenta invece le discordie tipiche della democrazia. Il Perseo è unanimemente riconosciuto come uno dei più importanti capolavori del Rinascimento e Benedetto Varchi, fra i tanti, ha voluto lodarlo in questa maniera:

Tu che vai, ferma il passo: e ben pon mente
alla grand’opera che il maestro feo;
oggi non sol Medusa, ma Perseo
fanno di marmo diventar la gente (Benedetto Varchi)

Eppure anche nel caso dell’opera del più abile tra gli orafi della città, i fiorentini non mancarono dall’esercitare la loro attività preferita: la critica. Ecco come Alfonso Pazzi descrisse l’opera di Benvenuto Cellini:

Corpo di vecchio e gambe di fanciulla
ha il nuovo Perseo, e, tutti insieme
ci può bello parer ma non val nulla (Alfonso Pazzi)

 

Daniele Niccoli

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