L’inverno del 1493 è stato uno dei più rigidi della storia di Firenze. Il 20 di gennaio caddero circa 60 cm di neve che a causa del freddo polare durò per più di un mese recando gravi danni all’agricoltura.
E fu in detto anno uno grandissimo freddo in modo tale che si vedeva gettare dalle finestre un catino di acqua calda, e, mediato che l’era in sulle lastre, ell’era diacciata. (Bartolomeo Masi)
Per gli scultori fu occasione più unica che rara per sbizzarrirsi nella realizzazione di statue. Piero de’ Medici si rivolse addirittura a Michelangelo che il 22 di gennaio gliene realizzò una nel giardino del palazzo di via Larga.
Michelangelo da qualche tempo frequentava la corte medicea. Lorenzo lo aveva voluto nell’Accademia del giardino di San Marco, dove giovani artisti potevano esercitarsi a copiare le sculture di proprietà dei Medici sotto la guida di Bertoldo di Giovanni che a sua volta era stato discepolo di Donatello. Secondo quanto riportato dal Vasari il suo ingresso nell’accademia è legato a un curioso episodio: un Michelangelo giovanissimo avrebbe realizzato per il Magnifico la testa di un vecchio fauno ricevendo in cambio un bonario rimprovero in quanto il lavoro non era verosimile in quanto i denti erano troppo perfetti per essere di un vecchio. Prima che il signore di Firenze finisse il giro del giardino Michelangelo aveva però già rimediato facendo cadere un dente e trapanandone un altro. Il Magnifico rimase favorevolmente colpito oltre che dalla bravura anche dalla prontezza di spirito del giovane scultore.
La bravura di Michelangelo, ma anche, e forse soprattutto, il suo carattere burbero e supponente, gli regalarono l’invidia di molti colleghi. Mentre si trovava alla corte del Magnifico, per esempio, era solito criticare le capacità di Pietro Torrigiani, scultore altrettanto ambizioso ma sicuramente meno capace. Secondo la testimonianza di Benvenuto Cellini i due eseguivano contemporaneamente studi sugli affreschi di Masaccio nella Cappella Brancacci. All’ennesima critica di Michelangelo, Torrigiani sferrò un pugno direttamente al naso del Buonarroti che, come dimostrano i numerosi ritratti, ne rimase definitivamente danneggiato.
mi venne assai più stizza che’l solito e, stretto la mana, gli detti sì grande il pugno in sul naso, che io mi sentì fiaccare sotto il pugno quell’osso e tenerume del naso come se fusse stato un cialdone: e così segniato da me ne resterà insin che vive (Piero Torrigiani)
Estratto da Firenze 365 di Daniele Niccoli