14 aprile 1434 – L’occhio del Duomo

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

14 aprile 1434 – L’occhio del Duomo

In previsione dell’inaugurazione della Cupola di Santa Maria del Fiore, l’Opera del Duomo pensò di decorare gli oculi del tamburo con delle vetrate. Bandì così una serie di concorsi che furono in gran parte appannaggio di Lorenzo Ghiberti. Quello relativo all’oculo meglio visibile dalla navata fu bandito il 14 aprile 1434 e fu invece vinto da Donato de’ Bardi detto anche Donatello.

Si tratta dell’unica testimonianza pittorica di uno dei più grandi artisti mai esistiti, ma noto soprattutto per le sue sculture. Difficile stabilire quale sia l’opera che più lo rappresenti, ma certo un posto di rilievo lo occupa il David, la prima scultura di nudo eseguita con il bronzo.

Nella realizzazione Donatello si ispirò al primo libro di Samuele secondo il quale David prima di affrontare il filisteo si liberò di tutta l’armatura per essere più libero nei movimenti. La completa mancanza di protezione voleva forse dimostrare quanto, con l’aiuto divino, si potessero affrontare anche imprese ritenute impossibili. I critici hanno assegnato alla statua diversi significati impossibili, però, da certificare vista anche l’incertezza sulla data di realizzazione.

I versi che sono stati posti alla base della statua durante il suo soggiorno a Palazzo Medici gli conferiscono certamente un valore politico:

Chiunque difenda la patria è vincitore.
La potenza divina infrange l’ira nemica.
E un fanciullo domò il grande tiranno.
Vincete cittadini.

Donatello è ricordato dai suoi concittadini come un personaggio allo stesso tempo focoso, intelligente e acuto. Proprio come si dipingono, non sempre a ragione, i fiorentini stessi. Agnolo Poliziano in alcuni suoi appunti descrive proprio queste caratteristiche. Donatello aveva ricevuto l’incarico di realizzare una statua equestre in onore del condottiero Erasmo da Narni detto il Gattamelata, ma non sopportando la pressione che i dignitari veneziani per il completamento dell’opera reagì in maniera così brusca che, se non gli fosse venuta in soccorso la proverbiale arguzia, le conseguenze sarebbero state pesanti:

Il predetto faceva una statua di bronzo del Capitano Gattamelata et, essendo troppo sollecitato, prese un martello, e schiacciò il capo a detta statua. Inteso questo la Signoria di Vinegia, fattolo venire a sè, fra più altre minaccie gli disse che si voleva schiacciare il capo a lui, come egli haveva fatto a quella statua. Et Donatello: Io son contento, se vi dà il cuore di rifarmi il capo, come io lo rifarò al vostro Capitano  (Agnolo Poliziano)

Daniele Niccoli
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