“La parola all’avvocato”: contratti stagionali e decreto dignità

0
117
Immagine per rubrica

Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa Baldocci, Maria Serena PrimigalliMarco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected]

Gentile Avvocato, la contatto per avere delucidazioni riguardo al decreto dignità in relazione ai contratti a tempo determinato. Come dobbiamo comportarci nei confronti dei contratti stagionali e quindi aventi una durata limitata relativa all’effettivo bisogno di più personale durante il periodo estivo (come nel mio caso)? Vale anche qui la regola dei 4 rinnovi, dato che molto probabilmente non mi verrà applicato un contratto a tempo indeterminato? E nel caso, i rinnovi si contano dalla dara di entrata in vigore del decreto o dobbiamo conteggiare anche quelli prima?
Grazie della risposta. M.B.

“Cara lettrice,
dal tenore della tua email che ci hai inviato, si comprende come il tuo giusto ragionamento parta da una errata valutazione di due istituti contrattuali differenti fra di loro. Infatti, da una parte troviamo l’applicazione della normativa riguardante i contratti a tempo determinato, che hanno subito di recente (con il c.d. Decreto Dignità) una modifica importante, di cui abbiamo già ampiamente parlato in precedenti risposte a questa rubrica. Né il Decreto Dignità né la legge di conversione (legge 9 agosto 2018, n. 96) dicono alcunché in proposito. Anche il Ministero del Lavoro si era espresso e lo aveva fatto in senso negativo.

In particolare, con l’interpello n. 72 del 12 ottobre 2009, richiamando una sua precedente circolare (n. 4/2005), aveva confermato che, per il lavoro intermittente, qualificato come “una fattispecie lavorativa sui generis”, non trovava in alcun modo applicazione il D.Lgs n. 368/2001.

Benchè la posizione del Ministero faccia riferimento alla pregressa normativa sui contratti a termine (il D.lgs. n. 368 del 2001), non appaiono esservi preclusioni ad adottare la stessa interpretazione anche in presenza della nuova disciplina di cui al Decreto Dignità.
Su tale presupposto, il lavoro a chiamata potrebbe essere un valido strumento per gestire i picchi stagionali, le attività saltuarie, le variazioni di attività nel corso dell’anno.

Dall’altra parte, il contratto di lavoro a chiamata, o intermittente oppure “Job on call” (che dir si voglia), prevede tutt’altre caratteristiche. Infatti, il contratto di lavoro intermittente può essere a tempo indeterminato o a termine. Come detto, in questa ultima ipotesi non si applica la disciplina del contratto di lavoro a termine.

E’ possibile per il lavoratore stipulare:

  • Più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti, oppure
  • Un contratto intermittente e altre tipologie contrattuali.

In caso di riassunzione del lavoratore intermittente, non è necessario il rispetto dell’intervallo minimo richiesto in caso di successione di più contratti a termine. Questo aspetto vale sia “nel caso di riassunzione con un altro contratto di lavoro intermittente alle medesime condizioni, sia che nel caso di nuova assunzione con contratto a termine a tempo pieno o parziale” (Risp Interpello Min.Lav. n.72/2009)”.

Avv. MARCO BALDINOTTI

 

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO