“La parola all’avvocato”: gli impianti di smaltimento delle acque reflue nei condomini

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Undicesimo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati Elisa Baldocci e Marco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected].

Gentile Avvocato, mi rivolgo a questa rubrica per ricevere un parere su alcuni lavori condominiali, approvati dall’Assemblea di condominio e portati avanti da una Società proposta dal nostro amministratore. Questi hanno ad oggetto l’installazione di impianti di smaltimento delle acque reflue, inizialmente previsti in uno per ogni villetta. Successivamente il Geometra incaricato si è reso conto che gli impianti non dovevano essere uno per ciascuna abitazione, ma ben due, considerato che alcune di queste case hanno un numero di bagni superiore. Non tutte le abitazioni posseggono due bagni, di conseguenza non tutte avranno necessità dell’installazione di due impianti nel proprio giardino. L’amministratore non ha tenuto conto di questo aspetto, ma ha provveduto alla ripartizione delle spese aggiuntive includendo anche chi, come me, non ha due bagni e, di conseguenza, non dovrà installare due impianti. Posso oppormi a questa decisione? Che posso fare? Grazie.
Caro lettore, Si definiscono “parti comuni dell’edificio” ai sensi dell’art. 1117 cc. non solo i beni che vengono richiamati all’interno dell’articolo, ma anche quelle parti del fabbricato rispetto alle quali, in ragione del rapporto strutturale o funzionale in cui esse si trovano rispetto all’edificio, possa presumersi la destinazione all’uso comune. Cioè anche quelli ad essi assimilabili in relazione alla destinazione al comune godimento o al servizio delle proprietà esclusive.

Per l’impianto di scarico delle acque la presunzione di comproprietà, prevista dall’art. 1117 n. 3 c.c., opera con riferimento alla parte dell’impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti, e, quindi, che presenta l’attitudine all’uso ed al godimento collettivo, con esclusione delle condutture (ivi compresi i raccordi di collegamento) che, diramandosi da detta colonna condominiale di scarico, servono un appartamento di proprietà esclusiva.

In sostanza la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini si estende fino al punto del loro raccordo con l’innesto nella colonna verticale, all’altezza di ciascun piano dell’edificio mentre la parte della colonna di scarico che, all’altezza dei singoli piani dell’edificio condominiale, funge da raccordo tra tale colonna e lo scarico dei singoli appartamenti (braga) va qualificato come bene condominiale, proprio in relazione alla sua funzione e in quanto strutturalmente collegata al tratto verticale dello scarico del quale costituisce parte essenziale.

Ne consegue che, a norma dell’articolo 1123, comma 1, del codice civile, l’imputazione delle spese per la riparazione si fonda sulla proprietà comune o esclusiva, essendo a carico di tutti i condomini le spese per le riparazioni alle tubature comuni e a carico dei rispettivi proprietari i contributi per le riparazioni effettuate nelle parti in cui le tubazioni si diramano verso i singoli appartamenti.
Pertanto, quando i canali di scarico sono destinati a servire solo una parte dell’intero fabbricato le spese di manutenzione sono poste a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Occorre tener presente che quanto sovra descritto è solo una delle possibili soluzioni attuabili, e che dovrà rendersi necessario un approfondimento“.

Avv. MARCO BALDINOTTI

 

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