Torna l’appuntamento con la rubrica settimanale “Per altre vie” dedicata alla psicologia e curata da Emanuela Eboli. Se questi giorni ti stanno mettendo a dura prova, se hai bisogno di qualche piccolo consiglio per alleggerire e rendere più serene le giornate e il rapporto con i tuoi figli o se vuoi offrire una tua riflessione, la tua esperienza perché possa essere di aiuto a chi ci legge puoi scrivere a [email protected]. Gli articoli saranno pubblicati tutti i mercoledì.
Oggi parliamo di libertà in riferimento soprattutto alla tanto discussa vicenda legata a Silvia Romano.
“Siamo felici del ritorno a casa di Silvia Romano. Celebriamo con la liberazione di Silvia la libertà, tutte le libertà: di autodeterminazione, di culto, di identità, di voto, di scelta. Perché ognuno di noi psicologi possa ricordare che il nostro lavoro, in qualsiasi contesto avvenga, è “Arte della liberazione” .”
Ordine degli Psicologi della Toscana – 13-5-2020
In questo anno è mezzo abbiamo imparato a conoscere Silvia a distanza, nelle sue immagini più belle; sorridente, circondata dai bambini, truccata sul volto, vestita di abiti leggeri, freschi, colorati, scollati… Libera.
Abbiamo condiviso quelle immagini e abbiamo desiderato di rivederla così, sorridente e Libera.
L’abbiamo pensata rinchiusa, maltrattata, denutrita, spenta e abbiamo pregato per la sua Libertà. Silvia è come fosse diventata figlia nostra, abbiamo “adottato” lei e la sua famiglia e il loro immenso dolore, abbiamo pianto per loro e con loro e ci siamo fatti trasportare da immagini, frutto delle nostre aspettative e dei nostri vissuti personali.
In questi giorni ho avuto modo di riflettere sul fatto che quello che è avvenuto nelle nostre menti è davvero molto simile a ciò che accade quando si è in procinto di adottare un bambino: nell’attesa l’immagine del figlio precede la realtà e non è detto che essa vi corrisponda, talvolta ne è immensamente lontana.
E cosa può, in taluni casi avvenire dopo, quando i genitori adottivi incontrano e conoscono il bambino tanto atteso? Cosa è successo a noi quando da quell’aereo è scesa Aisha?
“A volte accade che il bambino sia diverso dall’idea che si è fatto il genitore e in questo caso si può verificare uno scarto significativo tra figlio reale ed ideale. Sappiamo anche quanto sia difficile per un genitore accettare questa diversità […] È necessario un processo di adattamento, quindi di mediazione tra l’immagine ideale del figlio e il figlio reale. […] La nostra convinzione – poi – è che noi offriamo a loro un mondo migliore. Ma è proprio così? […] Il benessere nostro non è sempre tale per loro, il nostro mondo non è sempre per loro un mondo migliore.” (Giuseppina Facchi – http://www.italiaadozioni.it/bambino-reale-e-ideale-nelladozione/ ).
E così è stato per noi e Silvia. Quando finalmente è rientrata in Italia le immagini che avevamo conservato e custodito in questi mesi, il nostro dolore, le nostre preghiere e le nostre lacrime, si sono “scontrate” con la realtà e con quell’abito verde a noi, per cultura, così ostile. Un abito costruito per coprire i capelli e il corpo delle donne, un abito che, secondo i nostri canoni, limita e umilia la femminilità e la Libertà ma che Silvia ha scelto di indossare Liberamente.
L’abbiamo sognata Libera, abbiamo creduto di essere noi la sua la Libertà, che lo fosse la sua Italia ed è invece arrivata a noi, o meglio ai nostri occhi, “rinchiusa” nelle sue nuove vesti.
Tolte le dichiarazioni e i commenti estremisti, violenti, razzisti, che rendono tristi e vergognose questi giorni, ciò che è accaduto a molti è stato il dover fare i conti con una realtà diversa da quella immaginata e desiderata a lungo; abbiamo atteso l’arrivo di Silvia e abbiamo scoperto Aisha, che è sempre Silvia ma che ci racconta qualcosa di più, che non ci aspettavamo, a cui il nostro pensiero non si era forse mai rivolto.
Lasciamo allora che il tempo metta ordine ai pensieri, lasciamo che il tempo ci faccia abituare a questa nuova immagine, che non nega le altre ma che le accompagna, lasciamo che il tempo ci faccia vedere oltre lo Jilbab…guardiamo gli occhi di Aisha, troveremo quelli di Silvia e il suo sorriso e sapremo vedere la sua Libertà, quella di oggi, forse domani ne vivrà un’altra e un’altra ancora.
Lasciamo che sia Silvia, se vorrà, a raccontarci la sua storia e proviamo ad accogliere una narrazione diversa da quella che è “rinchiusa” nella nostra mente. Dovremmo imparare a dialogare con le ambiguità delle vita e con le nostre ambiguità, pronti ad accettare anche la possibilità che Silvia, la sua storia, voglia condividerla solo con le persone a lei più care.
EMANUELA EBOLI