Cammina, cammina
Quante scarpe consumate
Quante strade colorate
Cammina, cammina
Vanno verso nord, disegnano confini
Scendono poi a sud, segnando destini
Rimangono nel cuore quelle strade sotto il sole
Bello è ritornare, ma andare forse è meglio
(I Nomadi)
Itinerario:
- Via Gaetano Donizzetti
- Via Domenico Cimarosa
- Via Arrigo Boito
- Via del Termine
- Via Antonio Gramsci
- Via Guido Presciani
- Via Giuseppe Mazzini
- Piazza Vittorio Veneto
- Via del Mercato
- Piazza Spartaco Lavagnini
- Via Giuseppe Giusti
- Via Marsala
- Via Giacomo Puccini
- Via Gaetano Donizzetti
La partenza oggi è fissata al giardino Parco di Quinto. Un’area verde creata non troppi anni fa di cui il quartiere aveva un gran bisogno.
Supero l’anfiteatro e la sede della Protezione civile prima di entrare in via Donizzetti. Qui mi aspettano due diversi regali della modernità.
Sulla sinistra “La casa della Natura” uno spazio verde che RFI ha ceduto in comodato d’uso all’Associazione Gruppo Amici della Natura “Il Binario”. Uno spazio che sarà recuperato e riqualificato grazie al progetto partecipativo “Casa della Natura”, promosso dall’Istituto di Bioeconomia del CNR con il contributo del Comune di Sesto Fiorentino e dell’Autorità Regionale per la Partecipazione.
Sulla destra invece è impossibile non notare il tunnel dell’alta velocità con i treni che qui si fanno talpe prima di riemerge a San Piero a Sieve.
Proseguo speditamente fino a via del Termine dove, sulle sponde del torrente omonimo, noto un tabernacolo che non è proprio un’opera d’arte ma che comunque sorveglia il corso d’acqua. Chi l’ha realizzato ovviamente spera che faccia bene il suo lavoro.
Poco più avanti svolto a sinistra e mi immetto su via Gramsci. Quella che oggi chiamerò anche via Maestra anche perché ricalca, a grandi linee, il vecchio tracciato della Via Cassia che da Firenze conduceva fino a Luni.
Per anni è stata una delle poche strade di Sesto. Attraversava il villaggio in direzione Est-Ovest e su di essa si muovevamo le merci ma anche tanti pellegrini che trovavano conforto spirituale nei numerosi tabernacoli disseminati lungo la via, e ospitalità negli altrettanto numerosi ospedali presenti sul percorso.
L’importanza della strada, che diventò anche via provinciale per Prato, è testimoniata dai numerosi edifici di rilevanza storica e artistica che si trovano lungo il cammino.
La prima cosa che merita l’attenzione è la numerazione che stranamente (almeno per me) ha un andamento opposto a quello delle vie comunali: decresce in direzione Prato.
Incamminandomi verso il centro di Sesto incontro Villa La Fonte così detta per la presenza, in antico, di una sorgente poi inaridita.
Subito dopo trovo Villa Sant’Alberto anticamente detta anche “La Strada”, per anni proprietà della famiglia Ambrogi che nel nel 1748 cambiò cognome assumendo quello di Landini. Secondo Carocci annessa alla villa si trovava la cappella di San Reginaldo. Non ho potuto appurare se è ancora in uso.
I due semafori ravvicinati che incontro più avanti incorniciano a destra lo stabilimento Eli Lilly e a sinistra il giardino pubblico detto Cannocchiale.
La multinazionale americana occupa nello stabilimento di Sesto oltre 1500 addetti ed è una delle realtà economiche più importanti del territorio.
All’incrocio con via Taddeo Gaddi mi imbatto nel tabernacolo della Vergine del Torrigiano che, anni fa, fu spostato in occasione dell’allargamento della sede stradale.
Sulla sinistra, un po’ più avanti, si trova invece l’edificio che oggi ospita un circolo Arci e che una volta era adibito a macelli. Fu sede di uno scandalo all’inizio del Novecento.
Proseguo verso ovest e supero la Gora di Quinto e la Misericordia. E’ la volta poi della Chiesa di Santa Croce a Quinto. Ampia e spaziosa ma architettonicamente discutibile soprattutto per la scelta dei materiali. Ma si tratta di un giudizio estetico che non si basa sulla conoscenza della materia.
Quasi di fronte la ex caserma Donati in un’area che verrà presto rivalorizzata. Nel frattempo mi piacerebbe molto fosse tolta la colonna a forma di proiettile al cancello d’entrata. Mi rendo conto che si trattava di una caserma di artiglieria, ma con la guerra che infuria in tante parti del mondo sarebbe un gesto carino e di poco costo.
Di fronte a via degli Strozzi trovo Villa La Zambra. Un edificio elegante nelle forme ma che denota una certa incuria. Attualmente (ma ancora per poco) è sede del Commissariato di polizia.
Supero l’incrocio con via Puccini con il “Palazzo del Bianchini” e mi ritrovo al ponte sullo Zambra. Un nome etrusco che significava ‘fiume dei morti’. Forse anche per questo quando si decise di individuare un’area per il nuovo cimitero si pensò proprio a questa. In realtà ci furono anche altre ipotesi e la discussione, che risale alla seconda metà dell’Ottocento, fu particolarmente animata.
Mi dirigo ora decisamente verso il centro città. Per un bel tratto mi accompagna la stupenda villa Corsi Salvati Guicciardini, di cui parleremo in un’altra occasione, e il giardino del Bardo che si trova di fronte.
Rifletto che nel giro di poche centinaia di metri questo è il terzo giardino pubblico che incontro.
Dopo tanta bellezza mi ‘rifaccio’ gli occhi con la Scatola Nera.
La Scatola Nera. Un nome che fa pensare più ad una tragedia aerea che ad un’opera architettonica. A Sesto, realtà in cui nomi e cose spesso assumono significati singolari (basti pensare al rotolante), la Scatola Nera non è altro che la sede della Usl, ma anche, bisogna dirlo, un tragico esperimento architettonico. Non è l’unico, ma questo ha la peculiarità di trovarsi a soli pochi metri di distanza dalla splendida Villa Guicciardini e dal luogo dove sorgeva, fino al 1865, il piazzale semicircolare che fungeva da ingresso alla villa stessa. Insomma la Scatola Nera, più che un contenitore di ambulatori e uffici, rappresenta una sorta di legge del contrappasso rispetto a quell’armonioso tentativo di barocco fiorentino.
Non mi curo di essa, non guardo e passo.
Superato il semaforo mi trovo davanti a uno strano portico. Insieme all’edificio adiacente una volta costituiva il deposito del tramway. Per quelli della mia generazione era solamente la sede del bar Marcello.
Di fronte si trova la stretta via dei Cancelli che una volta proseguiva a sud con quella che oggi è chiamata via dell’Olmicino. Tutta insieme si chiamava via del Beccaio perché vi si trovava un macellaio.
Da via dei Cancelli, nel periodo della fiera, partiva la corsa dei cavalli sciolti che si concludeva in Panicaglia. Alla fine dell’Ottocento, causa la sbandata di un cavallo, ci scappò anche il morto.
Supero due corti tipiche dell’abitato sestese di una volta. Una di esse pare ospitasse un antico teatro. Mi ritrovo ora con la storica farmacia Ragionieri sulla sinistra e villa Paoletti sulla destra. Quest’ultima, prima della realizzazione del Palazzo Comunale, fu sede dall’Amministrazione sestese.
Supero il ponte sul Rimaggio e mi trovo di fronte al palazzo che oggi ospita una banca e altri uffici e che dal 1964 è andato a sostituire il Teatro Niccolini. Un edificio che suscita molti rimpianti nei vecchi sestesi che però non fecero molto per conservarlo. Era una proprietà privata e nessuno si fece avanti per acquistarlo. Il teatro fu inaugurato il giorno esatto della fine del Granducato, il 27 aprile 1859.
Mi tengo sulla sinistra in modo da mantenermi su via Gramsci e non toccare Piazza Ginori di cui parleremo in un’altra occasione.
Supero il vecchio Quadrivio dove anticamente era stato posto il primo lampione a petrolio che “per la sua chiarezza di luce serve al bisogno e al desiderio”.
Elemento caratteristico di questo tratto di via Gramsci che una volta veniva detto semplicemente “La Strada” è il palazzo Giorgi De Pons con la Grotta che dà il nome anche al cinema.
Lo slargo visibile sul davanti era il luogo del baratto del tramway. Più o meno da queste parti fu ucciso, durante una scorribanda fascista, il sedicenne Renato Ceccherini.
Siccome via Gramsci ripercorre a grandi linee la vecchia via Cassia ci si domanda dove potesse essere la pietra miliare. In mancanza di questa troviamo l’indicazione degli otto chilometri (ma a partire da dove?) davanti al parcheggio del Centro. Poco prima dell’edificio che ha ospitato anche la biblioteca comunale.
Tra i numeri 271 e 281, secondo le ricerche di Giulio Vannucchi, si sarebbe trovato l’ospedale dei SS Jacopo e Filippo. La località era all’epoca indicata come ‘Fico lardo’.
L’ospedale di San Cristoforo, risalente al 1351, si trovava invece all’incrocio con via di Querceto.
Mi avvio alla conclusione della passeggiata non senza aver gettato un’occhiata a quelli che erano i locali della Trattoria “La Gioconda” dove una volta si mangiavano le budella di maiale. Questo perché cari sestesi “Io un vo’ di’ che vu sia della gentaccia però il companatico vu lo misurate a braccia”.
Chiudo al ponte sul Gavine. Un torrente ormai quasi ovunque tombato. In tempi di crisi climatica e alluvioni è difficile non preoccuparsi.
Alla fine ho percorso (con il rientro) poco più di 6 chilometri.
A voi lascio 36 foto e 9 link per gli approfondimenti.
Alla prossima!
DANIELE NICCOLI