1 giugno 1432 – La battaglia di San Romano

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Palazzo Salimbeni
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

1 giugno 1432 – La battaglia di San Romano

Lo strano caso della battaglia che tutti vinsero.

Dopo due anni di guerra, nel 1432, l’imperatore Sigismondo intimò più volte Firenze di cessare gli attacchi contro Siena e Lucca che egli considerava territori imperiali. Il suo invitò però cadde nel vuoto tanto che il primo giugno 1432 l’esercito fiorentino e quello senese si trovarono contrapposti nel basso Valdarno.

Secondo le cronache fiorentine, Niccolò da Tolentino, alla testa delle truppe della città del fiore, decise di attaccare nonostante l’inferiorità numerica. La scelta in un primo momento parve non essere felice, ma quando il capitano generale, Michele Attendolo, intervenne con un secondo corpo di cavalleria, le sorti della battaglia volsero a favore dei fiorentini.

I resoconti dei senesi (gente vana, secondo Dante) raccontano però un’altra storia: la battaglia di San Romano sarebbe una loro vittoria.

Alla battaglia, che, in ogni caso non fu decisiva, partecipò Lionardo Bartolini Salimbeni che, qualche anno più tardi incaricò Paolo di Dono detto Paolo Uccello di raffigurare il combattimento in un quadro.

L’opera era destinata al palazzo di famiglia sito all’angolo tra via Porta Rossa e via Monalda, ma, dopo la morte del capofamiglia, fu spostata nella villa di campagna ubicata nel popolo di Santa Maria a Quinto.

Le pratiche per la divisione dei beni di Lionardo furono particolarmente complicate, tanto che alla fine fu deciso di nominare arbitro della complessa operazione niente meno che Lorenzo il Magnifico. Durante lo svolgimento delle pratiche di divisione il Magnifico iniziò a mostrare interesse nei confronti del trittico che, alla fine, approfittando del proprio potere, diventò di sua proprietà.

Nel 1784, quando ormai la famiglia Medici si era estinta, le tavole furono spostate agli Uffizi, ma, essendo considerate troppo simili, fu deciso di conservare a Firenze solo quella in migliori condizioni. Le altre furono vendute alla National Gallery di Londra e al Louvre di Parigi, dove ancora oggi sono conservate.

Uffizi
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La famiglia Salimbeni era nota a Firenze per la grande capacità e scaltrezza nel condurre affari vantaggiosi. Secondo un aneddoto la fortuna della famiglia sarebbe da ricondurre a uno dei suoi membri che riuscì a vincere la concorrenza dei mercanti rivali offrendo loro vino oppiato che gli fece sprofondare in un sonno profondo mentre lui concludeva un affare vantaggiosissimo. Per questo motivo l’insegna della famiglia è costituita da tre papaveri dentro un anello. Quando nel 1520 i Bartolini Salimbeni si fecero costruire da Baccio d’Agnolo un innovativo palazzo in piazza Santa Trìnita vollero che sulle finestre fosse impresso il loro motto che qualche secolo più tardi sarebbe risultato molto caro anche a Gabriele D’Annunzio:

Per non dormire

Leonardo Salimbeni - tomba
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Daniele Niccoli

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