1 Novembre 1928 – Sesto si stringe

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Sesto com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

1 Novembre 1928 – Sesto si stringe

Il primo novembre 1928 il governo fascista decretò un’importante modifica del territorio comunale di Firenze che fu ampliato in maniera considerevole. A farne le spese furono i Comuni limitrofi. Sesto fu privata delle sue frazioni orientali, Quarto, San Silvestro e, soprattutto, Castello. In compenso assunse una parte del territorio dello scomparso Comune di Brozzi.

Qualche anno più tardi nel suo libro I ragazzi della fila rossa, Giulio Cerreti, sestese, esponente di rilievo del P.C.I. esiliato in Francia per quasi vent’anni, così commentò quei cambiamenti:

 

Castello fu per Sesto degli anni dieci e venti, prima che il fascismo arrivasse a imbrogliare le carte e i cervelli, una delle gemme più belle. Vent’anni dopo non la ritrovai più: come per incanto era scomparsa dalla topografia del mio paese. Il fascismo aveva ridimensionato la geografia di Sesto

 

Il regime fascista stravolse anche la toponomastica del paese. Ogni riferimento a paladini del socialismo doveva essere annullato e sostituito con date e nomi inneggianti al nazionalismo. Piazza del Mercato intitolata ad Andrea Costa nel 1910, divenne piazza IV Novembre; i nomi di Pietro Gori e di Carlo Cafiero furono sostituiti con Dalmazia e Sidney Sonnino; piazza del Municipio si trasformò in piazza Vittorio Veneto e via della Società divenne Largo Ventiquattro Maggio. D’altra parte i nomi delle strade avevano un valore simbolico importante e la stessa amministrazione socialista nel 1900 si era rifiutata di intitolare la piazza del Comune al re Umberto I da poco ucciso da un anarchico.

Il processo di smembramento del Comune di Sesto poteva non finire lì. Nel 1934 l’ufficio tecnico del Comune di Firenze insieme a una commissione formata da tecnici e accademici iniziò lo studio per un nuovo piano regolatore che prevedeva, fra le altre cose, l’ampliamento della città fino ad annettere gran parte del territorio dei Comuni limitrofi. Il Comitato Fiorentino del Sindacato Nazionale Fascista Professionisti e Artisti arrivò a pubblicare il libro Per la Firenze futura in cui persone “particolarmente competenti” proponevano il progetto della Grande Firenze. In base a quel progetto i confini comunali sarebbero stati spostati a nord e a est fino ai crinali appenninici, a sud fino alla Greve e a ovest fino al Bisenzio.

A Sesto Fiorentino fu dedicato un intero paragrafo dal significativo titolo “Il comune di Sesto è il primo che deve essere annesso”. Addirittura una parte del territorio sestese sarebbe dovuta passare a Calenzano. La frase successiva è la dimostrazione di quanto fosse alta la considerazione di quei professionisti fiorentini nei confronti di Sesto e dei sestesi

 

Logicamente Sesto Fiorentino non può essere un centro autonomo, ma è strettamente collegato e dipendente da Firenze dove abitano i possidenti, i professionisti, dove si trova tutto ciò che serve alla vita civile

 

Ne La storia di un territorio – Sesto Fiorentino (1860-1980), Lando Bortolotti sottolinea la marcata  superficialità e la disinformazione dei redattori della proposta. Esemplificativa è l’affermazione che, nel libro, attribuisce alla Firenze allargata una superficie di 400.000 ettari. Insomma offensivi e ignoranti.  Questo il commento di Bortolotti:

 

Gli ‘esperti’, ignorando l’equivalenza fra un chilometro quadrato e cento ettari, assegnavano a Firenze una dimensione da città mondiale di 4.000 kmq, che è quasi metà dell’Umbria (8.456 kmq) e poco meno del Molise (4.438 kmq)

 

Il piano per la Grande Firenze è da annoverare fra i fallimenti del fascismo. E io, sestese convinto, sono oggi qui a rallegrarmene anche se ogni tanto torna di moda. Magari servirà a qualcuno per un ripasso di tabelline ed equivalenze.

 

Daniele Niccoli

 

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