13 gennaio 1516 – Leone X a Cercina

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Chiesa sant'Andrea a Cercina
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Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.
La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

13 gennaio 1516 – Leone X a Cercina

Il 19 marzo 1513 la famiglia Medici aggiunse un altro tassello alla sua irresistibile ascesa. Giovanni de’Medici, figlio del Magnifico, fu eletto pontefice con il nome di Leone X. La politica dei matrimoni aveva dato, infine, il frutto più bello e sostanzioso. La pratica era stata inaugurata dal capostipite, Giovanni di Bicci, che aveva imposto al figlio, Cosimo, il matrimonio con Contessina de’Bardi per aumentare il prestigio dal banco dei Medici. I Bardi erano fra i più antichi banchieri fiorentini anche se in decadenza dopo la mancata restituzione di un prestito da parte del re inglese Edoardo III. Al figlio di Cosimo, Piero il Gottoso, fu imposto invece il matrimonio con Lucrezia Tornabuoni che garantì ai Medici una preziosa alleanza sul fronte della politica interna.

La stessa Lucrezia fu protagonista del successivo cambio di passo: per il figlio Lorenzo fu lei a scegliere una nobile romana, Clarice Orsini. Lucrezia andò personalmente a Roma per conoscere la nuora redigendo anche un curioso resoconto:

è di ricipiente grandezza, e bianca, et à si dolce maniera, non però gentile come le nostre: ma è di gran modesta, e da ridurla presto a nostri costumi. Il capo non à biondo, perché non se n’à di qua: pendono i suo capelli in rosso, en’à assai. La faccia del viso pende un po’ tondetta, ma non mi dispiace. La gola è isvelta confacientemente, ma mi pare un po’ sotiletta, o,a dir meglio, gentiletta. Il petto non potemo vedere, perché usano ire tutte turate; ma mostra di buona qualità.

Si trattava di un passo obbligato per quello che già allora era la massima ambizione: il papato. Ci vollero degli anni. Lucrezia e Lorenzo non videro i frutti della loro opera ma Giovanni dal conclave del 1513 uscì come papa Leone X.

Il nuovo Papa, tra il 1515 e il 1516 soggiornò a Firenze. Si trattava di un viaggio politico necessario a ratificare il potere della famiglia Medici sulla città. Durante questo periodo, esattamente il 13 gennaio 1516, Leone X si concesse un pellegrinaggio alla pieve di Cercina dove era custodita una statua lignea della Madonna risalente al XIII secolo. Sulle origini dell’immagine sacra circolava una leggenda dal sapore di miracolo resa famosa dai “Ricordi” del pievano Lodovico Martelli del 1488, ripresi nel 1795 da Vincenzo Fineschi.

Nel 1285 un legato pontificio avrebbe deciso di trasportare una statua lignea della Madonna da Roma fino in Francia. Ripartita da Firenze in direzione nord, la carovana si dovette arrestare a Cercina perché il mulo che trasportava il prezioso bagaglio si fermò e, nonostante le insistenze, non volle più ripartire. Il prelato, vista la mala parata, decise di lasciarlo libero per vedere cosa sarebbe successo. Con sua grande sorpresa il mulo s’incamminò verso la Pieve e s’inginocchiò davanti all’ingresso.

Conobbero allora tutti esser quello il luogo eletto da Maria per suo trono (Vincenzo Fineschi)

 Da quel momento la statua fu oggetto di devozione e pellegrinaggio anche perché la visita alla Madonna di Cercina garantì a più riprese la remissione dei peccati con il sistema delle indulgenze.

Prove del pellegrinaggio del papa sono l’affresco, pressoché illeggibile, che si trova sotto il loggiato della Pieve stessa, e la copia su tela realizzata nel Settecento. L’opera raffigura quattro diverse processioni che convergono verso la Pieve. Su quella proveniente da San Martino di Sesto è ben visibile un labaro su cui è disegnato un compasso. Si tratta della più antica testimonianza di quello che oggi è il simbolo del Comune di Sesto Fiorentino. Il compasso all’epoca era chiamato anche seste, perché con la sua apertura si descrive una circonferenza dal raggio pari al lato dell’esagono inscritto. E siccome noi sestesi, seppur campagnoli, siamo fiorentini nell’animo, non possiamo che esaltare il nostro ego nel sapere che secondo Dante proprio le seste erano state utilizzate da Dio per tracciare i confini dell’universo:

Poi cominciò: «Colui che volse il sesto
    a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
                    distinse tanto occulto e manifesto   (Dante Alighieri)

Daniele Niccoli

 

 

 

 

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