13 maggio 1244 – La Venerabile Arciconfraternita della Misericordia

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Palazzo Vecchio 4
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

13 maggio 1244 – La Venerabile Arciconfraternita della Misericordia

Nel XII secolo all’interno della Chiesa milanese sorse un movimento, definito Patarìa, che si riproponeva di combattere la simonia e il matrimonio dei preti. Secondo Arnolfo di Milano il nome deriverebbe dal greco pàthos che può essere tradotto in perturbazione. I patarini in buona sostanza sarebbero stati perturbatori dell’ordine costituito.

Nel secolo successivo il movimento dilagò anche in altre parti d’Italia evolvendo in una più generalizzata critica alla gerarchia ecclesiastica. A Firenze a combattere l’eresia patarina fu inviato fra Pietro da Verona che, allo scopo, formò un vero e proprio esercito della fede. Alla fine dei combattimenti da questa Sacra Milizia presero origine tre Compagnie di laici dediti alla solidarietà e alla preghiera: la società del Bigallo che si dedicò alla cura degli orfani; la Società dei Laudesi caratterizzata dalla devozione alla Madonna e la Società della Misericordia che si dedicò all’assistenza degli invalidi e si sobbarcò l’incarico della sepoltura dei morti.

La tradizione fa risalire la fondazione della Confraternita al giorno dell’Ascensione che, nel 1244 cadde il 13 di maggio. I membri laici della Misericordia, detti fratelli, all’epoca vestivano una tunica rossa lunga fino ai piedi e portavano un medaglione dorato al collo.

Dal 1630, anno di pestilenza, le tuniche diventarono nere per rendere meno evidenti le macchie che si formavano durante le opere di soccorso. La tunica era munita della cosiddetta buffa, cioè un cappuccio a punta con due fori per gli occhi. La faccia doveva rimanere nascosta perché le opere di bene andavano svolte in maniera anonima. Alla vita i confratelli portavano una fune cui era agganciato un rosario nero. Originariamente i malati e i morti erano trasportati con delle gerle piuttosto scomode. Nel Quattrocento queste ceste furono sostituite dal cataletto, una rudimentale barella che fu adottata, prima ancora che dalla Misericordia, dall’Ospedale dei Michi presso l’Oratorio dei Santi Filippo e Giacomo che fu detto per questo anche Oratorio dei Barelloni.

Ospedale dei Barelloni
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Quando si vede un briaco camminar barellando,
in modo che tutta la strada è sua,
suol dirsi: Egli è della Compagnia de’ Barelloni   (Pietro Fanfani)

L’oratorio in questione si trovava in via del Porcellana, proprio dal nome di uno dei custodi dell’ospedale che pare fosse noto per la sciatteria. Chissà se il nome della celebre trattoria del Troia, che si trovava lungo la strada, ha la stessa origine. Di certo via del Porcellana fa angolo con via Palazzolo e per dirla con Marasco:

Le ragazze di via Palazzolo
tu’lle guardi, ti becchi lo scolo   (Riccardo Marasco)

Daniele Niccoli

 

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