2 gennaio 1560 – Esecuzione di Pandolfo Pucci

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Cosimo I a cavallo
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

2 gennaio 1560 – Impiccagione di Pandolfo Pucci

 La famiglia Pucci è una delle più antiche di Firenze. Se ne hanno notizie fin dal XIII secolo quando uno dei membri s’iscrisse all’Arte dei Legnaioli. Furono alleati dei Medici fin dai tempi di Cosimo il Vecchio che, proprio grazie a queste “collaborazioni”, esercitava il controllo sulla città. Egli permetteva che le istituzioni repubblicane rimanessero in vigore, ma erano solo gli “amici” a ricoprire le cariche pubbliche più importanti e a garantirgli, lautamente ricompensati, il governo della città. La fedeltà della famiglia Pucci nei confronti dei signori di Firenze fu confermata anche nel periodo del Granducato, ma, come in tutte le regole anche in questo caso vi fu un eccezione.

Nel 1541 Pandolfo Pucci, famoso per la sua dissolutezza, fu arrestato per causa infame e di vituperevole vizio. Esattamente le accuse furono di libertinaggio smodato e atti di libidine contro natura. L’evento incrinò i rapporti con Cosimo I che peggiorarono ulteriormente quando, dopo la caduta di Siena, il Duca ordinò la decapitazione di Bertoldo Corsini, zio di Pandolfo. Maturò così la decisione di uccidere il Signore di Firenze. Al progetto si unirono altri avversari politici appoggiati, tra l’altro, dal cardinale Alessandro Farnese, da suo fratello Ottavio, Duca di Parma e, forse, da Caterina de’ Medici da sempre avversa a Cosimo poiché originario del ramo cadetto della famiglia e considerato, quindi, un usurpatore.

Furono allestiti molti piani che avrebbero dovuto portare all’eliminazione del Duca. Il più fantasioso consisteva nello sparargli un colpo di archibugio dalla finestra di Palazzo Pucci mentre si recava alla Messa. Pandolfo non trovò mai il coraggio di mettere in pratica i suoi propositi e alla fine decise di soprassedere. Aveva però lasciato troppi indizi riguardanti il suo tentativo e fu smascherato. La reazione di Cosimo I fu inesorabile e cruenta. Pandolfo fu impiccato nel Palazzo del Bargello, mentre gli altri congiurati, Astoldo Cavalcanti, Lorenzo de’ Medici e Puccio Pucci furono decapitati in piazza Sant’Apollinare. Anche a palazzo Pucci fu riservata una punizione. A testimonianza della sconfitta dei congiurati e come monito per tutti gli oppositori del regime, la finestra da cui sarebbe dovuto partire il colpo di archibugio fu murata e lo è tuttora.

Finestra murata

 

Ma in ultimo, come strada più stretta, e che assai più spesso era dal Duca frequentata, senza che Pandolfo mai molto vi si riscaldasse, avevano disegnato, che la casa dello stesso Puccio, posta dirimpetto al campanile di S. Maria del Fiore, dovesse al medesimo effetto servirgli di due finestre, dalle quali Puccio, che di buono imberciatoia faceva professione, e Bernardino Corbinelli si confidavano di dare a tanto fatto esecuzione                     (Scipione Ammirato)

La vicenda ebbe un seguito qualche anno più tardi. La polizia segreta del nuovo Granduca, Francesco I, ritenne che Orazio Pucci, figlio di Pandolfo, stesse lavorando a una nuova congiura. La conclusione fu identica: morte per decapitazione. In questo caso però la decisione del Granduca fu poco gradita ai sudditi che consideravano l’evento più una leggerezza giovanile che un vero e proprio complotto. Fu questa una delle tante decisioni che contribuirono a rendere Francesco I poco amato dai suoi concittadini.

Daniele Niccoli

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