21 gennaio 1563 – Il palio de’ Cocchi

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Cosimo I a cavallo
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

21 gennaio 1563 – Il palio de’ Cocchi

Dopo l’assassinio del Duca Alessandro de’ Medici le tradizionali feste di San Giovanni furono sospese per motivi di ordine pubblico. Furono riprese in maniera graduale da Cosimo I solo nel 1541. Le feste del 1549 furono caratterizzate dalle giostre di cavalieri intorno a quattro carri allegorici detti anche Trionfi. Il primo rappresentava il trionfo di Cesare e simboleggiava il perdono. Il secondo rappresentava il trionfo di Pompeo e simboleggiava la libertà. Il terzo era il trionfo di Ottaviano e simboleggiava la pace. Il quarto era il trionfo di Traiano e simboleggiava la giustizia.

Rappresentazioni singolari se si considera che proprio in qugli anni, Cosimo I perdonò i prigionieri della battaglia di Montemurlo facendoli decapitare a gruppi di quattro per volta; inneggiò alla pace conquistando con la forza Pistoia, Arezzo e Siena; invocò la giustizia accusando senza motivo Filippo Strozzi della morte del Duca Alessandro e propugnò la libertà facendo decapitare Francesco Burlamacchi, lucchese che propugnava l’idea di una confederazione di città toscane.

Nel 1563 le feste di San Giovanni furono arricchite con il Palio de’ Cocchi che ebbe un prologo il 21 gennaio dello stesso anno e che poi fu corso tradizionalmente il giorno della vigilia. La corsa, fra quattro bighe che portavano i colori dei quartieri storici della città, si disputava in piazza Santa Maria Novella intorno a due guglie di legno che poi, per volere del Granduca Ferdinando I, furono sostituite da altrettante guglie di marmo poggiate su testuggini di bronzo, opera del Giambologna e ancora presenti sulla piazza. Dall’una all’altra guglia si tirava un canapo affinché i Cocchi non tagliassero la strada. Dopo il via, segnalato dallo squillo di una tromba, i Cocchi si muovevano dalla guglia vicino alla Chiesa e compivano tre giri completi sotto gli occhi del Granduca che assisteva alla gara dalle tribune poste sotto la Loggia di San Paolo.

Al vincitore spettava il Palio, un panno di velluto rosso dal valore di 45 scudi.
Il Palio dei Cocchi aveva sostituito un’altra manifestazione ippica che nel Medio Evo si teneva il 24 giugno: la corsa dei Berberi, cavalli di origine nordafricana, che correvano senza l’ausilio del fantino. La gara iniziava dall’attuale via Ponte alle Mosse che prende il nome dal ponte sul Mugnone che all’epoca non aveva subìto il suo secondo spostamento e da cui appunto si prendevano le mosse. La corsa poi procedeva attraverso la Porta al Prato, via Palazzolo, via del Corso (il cui nome non è casuale), l’arco di San Pierino per concludersi infine a Porta alla Croce.

Li antichi miei e io nacqui nel loco
dove si truova pria l’ultimo sesto
da quel che corre il nostro annual gioco   (Dante Alighieri)

Daniele Niccoli

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