23 dicembre 1379 – Decapitazione di Piero degli Albizi

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

23 dicembre 1379 – Decapitazione di Piero degli Albizi

 Quando, nel 1378 scoppiò il tumulto dei Ciompi, l’ira del popolo si abbatté sui Magnati che avevano governato negli anni precedenti e che, complici la peste e le guerre, avevano gettato nella miseria più nera tutti coloro che non appartenevano alle Arti.

Il massimo responsabile fu considerato Piero degli Albizi, l’esponente più importante della famiglia fiorentina più influente. Le sue proprietà cittadine furono devastate e lui stesso fu costretto alla fuga, ma, rintracciato, fu arrestato e giustiziato il 23 dicembre 1379.

Era questo un periodo in cui ogni pretesto poteva essere utilizzato per una resa di conti e forse non fu un caso che Benedetto Alberti, da sempre nemico degli Albizi, avesse pensato di cavalcare la rivolta, di farsi consigliere del capo dei Ciompi, Michele di Lando, e di assistere, in qualità di comandante delle milizie, all’esecuzione del capo della parte avversa.

Quando si concluse la breve primavera dei Ciompi la reazione portò, di fatto, alla fine della Repubblica, almeno così com’era stata intesa fino allora. Non più un’oligarchia ma tutto il potere nelle mani di una sola famiglia. A prevalere furono, per circa cinquant’anni, proprio gli Albizi grazie al rampollo Maso, nipote di Piero. Già nel 1382 tornò in possesso dei beni di famiglia che erano stati confiscati e pian piano riprese il suo posto nella vita politica fiorentina. Suo preciso obiettivo fu conquistare il potere assoluto e vendicare la morte dello zio sterminando tutti gli Alberti. A indicare la sua sete di rivalsa, fece aggiungere sullo stemma di famiglia un bracco trattenuto da una museruola.

Il 4 maggio 1387 ottenne l’esclusione dalle cariche pubbliche per Benedetto Alberti. Due giorni dopo lo fece esiliare. Non sarebbe più rientrato a Firenze. Morì a Rodi il 3 gennaio 1388. Neanche la morte del principale avversario placò l’ira di Maso. Quando nel 1392 divenne Gonfaloniere fece arrestare i restanti esponenti della famiglia Alberti e con le condanne a morte, il confino e la privazione dei diritti politici, la potenza degli Alberti fu definitivamente stroncata.

L’unico in grado di opporsi alle decisioni di Maso eventualmente avrebbe potuto essere Vieri de’Medici perché godeva dei favori del popolo minuto, ma i tempi per la famiglia Medici non erano ancora maturi, Vieri preferì rimanere prudente consegnando così tutto il potere agli Albizi.

Negli anni del suo governo, Maso, si trovò a fronteggiare le mire espansionistiche di Gian Galezzo Visconti che voleva fare dell’Italia un unico stato nazionale sotto la sua guida. Maso si dimostrò un abile diplomatico tanto da farsi promotore di una lega antiviscontea che comprendeva Bologna, e Padova. Portò dalla sua parte anche l’imperatore Roberto III, ma forse questo suo brigare non sarebbe servito se Gian Galeazzo non fosse morto quando, dopo aver sconfitto le truppe bolognesi e fiorentine a Casalecchio, aveva già programmato l’assalto finale a Firenze.

Daniele Niccoli

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