24 giugno 1378 – Tumulto de’ Ciompi

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Michele di Lando
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

24 giugno 1378 – Tumulto de’ Ciompi

La gravissima ondata di peste nera della seconda metà del Trecento determinò una profonda crisi economica in tutta Europa. A Firenze, ad aggravare la situazione, sopravvenne la guerra contro lo Stato Pontificio che provocò la scomunica dei fiorentini da parte di papa Gregorio XI.

La guerra fu detta anche degli Otto Santi dal numero dei magistrati di guerra del comune fiorentino. Tra questi si distinse il Cancelliere Coluccio Salutati che per tutto il periodo della guerra scrisse lettere che incitavano i cittadini romani a ribellarsi. Il governo di Firenze era affidato alle Arti, cioè organizzazioni di cittadini appartenenti a una stessa categoria professionale e che perseguivano gli stessi scopi. Si dividevano in Arti Maggiori che raggruppavano il cosiddetto popolo grasso e Arti Minori che rappresentavano invece il popolo minuto vale a dire la piccola borghesia. Completamente escluso dalla vita politica era il popolo magro cioè i salariati che più di tutti soffrivano le conseguenze della crisi economica.

Questi operai venivano pagati giorno per giorno in maniera del tutto arbitraria, ma sempre con salari da fame. Lavoravano in locali malsani e, in caso di controversie, erano giudicati da un ufficiale forestiero, pagato dall’Arte, che aveva il potere di sottoporli a tortura e pene corporali.

I più numerosi erano i Ciompi cioè gli addetti a una delle prime fasi della lavorazione della lana. Nel 1378 questi operai diedero luogo a una delle prime rivolte popolari organizzate della storia.

Il 24 giugno i Ciompi riuscirono a occupare il Palazzo dei Priori e a far dichiarare Gonfaloniere (la più alta carica della Repubblica) il loro capo, Michele di Lando. L’immediata conseguenza fu la creazione di tre nuove Arti che rappresentavano i ceti più bassi: Arte dei Ciompi, Arte dei Farsettai e Arte dei Tintori. Con questo provvedimento i cittadini più poveri ottennero la possibilità di partecipare alla vita politica. Insomma i primi comunisti si sono visti a Firenze ma hanno avuto vita breve.

Michele di Lando non riuscì a gestire il potere che gli era stato concesso. Troppo difficile era far combaciare gli interessi di personaggi come Salvestro de’Medici, che pur appartenendo al popolo grasso avevano appoggiato la rivolta, con quelli del popolo minuto e ancor di più con quelli del popolo magro.

Quando anche i Farsettai e i Tintori contenti delle loro conquiste e sobillati dai Magnati, cioè le famiglie che avevano fino ad allora detenuto il potere, voltarono le spalle a Michele di Lando lo spirito propulsivo della rivolta si esaurì. Il 31 agosto i Ciompi furono cacciati dal Palazzo dei Priori e gradualmente il potere tornò alla vecchia oligarchia capitanata dalla famiglia Albizi che lo detenne fino al 1434, quando Rinaldo Albizi fu esiliato da Cosimo il Vecchio. Da un’oligarchia si stava passando gradualmente a una dittatura, ma le condizioni degli umili continuavano a non essere tenute in grande considerazione.

Daniele Niccoli

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