25 gennaio 1449 – Il processo al Pievano Arlotto

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Pievano Arlotto

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

25 gennaio 1449 – Il processo al Pievano Arlotto

 Nel Quattrocento fu parroco della Chiesa di San Cresci a Macioli, vicino a Pratolino, Arlotto Mainardi, un personaggio rimasto famoso per lo spirito burlone. Le proverbiali battute gli conferirono una discreta fama a livello cittadino tanto che due pittori dell’epoca lo resero protagonista di loro opere. Giovanni da San Giovanni realizzò un suo ritratto, mentre il Volterrano dipinse Una burla del pievano Arlotto. I due quadri sono oggi conservati nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Il Mainardi è stato citato anche da Lorenzo il Magnifico nel Simposio, da Luigi Pulci nel Morgante e, forse, anche dal Burchiello nei suoi versi indirizzati a Stefano Nelli:

 

Que’ gatti ti dovetton far messere
e porti in sedia in mezo del camino,
e ‘l piovano ch’è quivi tuo vicino
son certo che vi venne a rivedere (Domenico Burchiello)

 

Quando dovette interrompere, per ragioni anagrafiche, la sua attività, trovò ospitalità presso l’ospizio dei Pretoni (vecchi parroci) che aveva sede nell’attuale oratorio di Gesù Pellegrino, all’angolo fra via San Gallo e via degli Arazzzieri. Anche nel momento immediatamente precedente al trapasso Arlotto non smentì il suo spirito boccaccesco, e quando si trattò di preparare l’epigrafe per la sua tomba così si espresse:

 

Questa sipoltura a facto fare il Piovano Arlocto
 per se e per tucte quelle persone
 le quali drento entrare vi volessino

 

Dopo la morte del priore, un amico pubblicò un volumetto intitolato Motti e Facezie del Pievano Arlotto in cui si elencavano gli scherzi da prete di cui si era reso protagonista il Mainardi durante la sua vita. Il libro contribuì a regalargli una fama quasi da buffone, ma la personalità del prete doveva essere molto più complessa. Forse meno burlona, più mondana sicuramente meno edificante. Nel 1431 Arlotto Mainardi fu punito, insieme ad altri cappellani, per reati di cui non si conoscono i particolari. Più dettagliati sono invece i fatti per cui fu processato dalle autorità ecclesiastiche il 25 gennaio 1449. Gli inquietanti capi d’accusa comprendevano la vendita delle campane della chiesa e la deflorazione di vergini. Per chi crede a certe coincidenze, si può dire che quest’aspetto poco lodevole del pievano era già racchiuso nel nome visto che Arlot in provenzale significa gaglioffo.

Daniele Niccoli

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