29 dicembre 1684 – Bacco in Toscana

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Francesco Redi
TuttoSesto

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

29 dicembre 1684 – Bacco in Toscana

“Questo benedetto ditirambo è diventata l’opera di Santa Liparata, direbbe un battilano”. Con queste parole il 29 dicembre 1684 Francesco Redi annunciava all’amico Lorenzo Magalotti l’imminente pubblicazione della poesia dedicata al vino toscano che aveva impegnato per tanto tempo lo scienziato aretino. La novella dello stento che dura tanto tempo, si sarebbe detto in tempi più recenti di questo componimento lirico dalla metrica varia e nato con l’intendimento di esaltare l’ebbrezza data dal vino.

Ma frattanto qui sull’Arno
io di Pescia, il Buriano
il Trebbiano, il Colombano
mi tracanno a piena mano (Francesco Redi)

Il rapporto tra il vino e Firenze è datato e molto stretto. Secondo il Villani all’inizio del ‘300 erano già 270.000 gli ettolitri del nettare degli dei che scorrevano in città. Qualche anno più tardi ciò che era stato il simbolo dell’allegria, divenne strumento di guadagno. Le famiglie, che erano state di commercianti e banchieri, divennero proprietarie di grandi appezzamenti di terreno e si dedicarono alla coltivazione di prodotti che poi vendevano direttamente in città. Ne sono testimonianza le buchette attraverso le quali avveniva il commercio del vino e che sono ancora oggi presenti sulle facciate di molti palazzi nobiliari.

Particolarmente apprezzato era il vino di Castellina, Gaiole e Radda tanto che nel 1716 il Granduca Cosimo III emise un bando in cui denominava i vini prodotti in queste località come vini del Chianti, distinguendoli così da quelli prodotti nel resto della Toscana.

Nel 1384 le tre città, per ordine della Repubblica fiorentina, avevano creato la Lega del Chianti, un avamposto militare in funzione antisenese. Il simbolo di quella lega era un gallo nero che è ancora oggi il simbolo del chianti classico. Secondo una leggenda che, come spesso avviene, vuole il vincitore più furbo del perdente, l’origine del simbolo sarebbe legata a una competizione che, senza spargimenti di sangue, avrebbe dovuto delimitare i territori di Siena e Firenze.

Il confine tra le due Repubbliche sarebbe stato fissato nel punto in cui due cavalieri, partiti al canto del gallo dalle proprie città, si sarebbero incontrati. I senesi rimpinzarono il loro gallo convinti che così all’alba avrebbe cantato più forte, mentre i fiorentini scelsero un gallo nero che lasciarono al buio e a digiuno. Il giorno della gara il gallo nero, forse anche per la fame, cantò ancora prima del sorgere del sole mentre quello senese se la prese così comoda che l’incontro fra i due cavalieri avvenne a soli 12 km dalle mura della città del Palio.

DANIELE NICCOLI

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