La parola all’avvocato: i limiti della legge per capire se si è stati vittima di un tradimento

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Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa BaldocciMaria Serena Primigalli, Enrico Carti Marco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected]

Chi agisce in preda alla gelosia spesso è completamente accecato, mettendo in atto comportamenti che nel pieno della propria lucidità non avrebbe mai compiuto. Ma quando si cade nel “patologico”, vessando continuamente il partner con condotte assurde, allora si sconfina nel
reato.

In questi casi occorre comprendere bene *quali sono i limiti imposti dalla legge per verificare se effettivamente si è stati vittima di un tradimento* senza correre rischi di finire nei guai.

Il *primo errore da evitare*, sebbene la tentazione sia fortissima, è sicuramente quello di *spiare i messaggi o le chat* contenuti nel cellulare del proprio partner.

Molti infatti non sanno che la violazione della corrispondenza costituisce a tutti gli effetti un illecito penale e che per tale reato è prevista la pena della reclusione fino ad un massimo di un anno.

La situazione diventa *ancor più grave qualora il colpevole dovesse anche divulgare il contenuto della corrispondenza carpita di nascosto ed al solo fine di creare un danno al partner* fedifrago, in altre parole, per puro spirito di vendetta: in questi casi la pena che il giudice potrà irrogare aumenta fino a 3 anni reclusione.

Inutile aggiungere che se l’intrusione nella privacy altrui non avviene in modo clandestino ma addirittura con l’uso della forza le possibilità di finire in carcere aumentano notevolmente; ad esempio nel 2016 la Corte di Cassazione condannato per il reato di “*rapina*” un uomo che in preda ad un atto di gelosia aveva strappato di mano alla propria fidanzata il cellulare per leggere i suoi messaggi.

In tema di social network è poi opportuno segnalare che *è assolutamente vietato accedere ad un account senza il consenso del legittimo titolare*, né può fungere da scusante il fatto di aver ricevuto in passato le credenziali per potervi accedere o il fatto di aver trovato il pc già connesso all’account, in ogni caso risulteranno infatti integrati gli estremi del reato di “*accesso abusivo ad un sistema informatico.

Infine  La sentenza n. 32781/2019 della Cassazione ha analizzato nel profondo atteggiamenti abitualmente tollerati come normali perché appartenenti all’uomo medio e considerati come scriminanti del reato di maltrattamenti. Quando la gelosia si traduce in comportamenti controllanti lesivi della vita intima e sociale della compagna non si può trascurare il carico di violenza e offensività insite in tali condotte, che denotano un chiaro intento prevaricatorio, che mira all’assoggettamento della persona offesa e che è tipico proprio del reato di maltrattamenti“.

Avv. ELISA BALDOCCI
www.avvocati-firenze.it

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