Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
13 Marzo 1446 – Antonino Pierozzi arcivescovo
I magnati fiorentini del tardo medioevo e del primo Rinascimento erano per lo più commercianti e banchieri che traevano profitto dal prestito di denaro. Capitava che, con l’avanzare degli anni, molti di loro cominciassero a temere di incorrere nel peccato di usura che era condannato sia dalla filosofia aristotelica sia dalla dottrina cristiana. Non a caso Dante pone gli usurai all’Inferno:
e perché l’usuriere altra via tene,
per sé natura e per la sua seguace
dispregia, poi ch’in altro pon la spene (Dante Alighieri)
Preoccupati per il destino delle loro anime cercavano allora di togliersi il peso dalla coscienza attraverso la realizzazione di opere benefiche. Uno scrupolo di questo tipo deve avere avuto anche Cosimo il Vecchio che si rivolse niente meno che a papa Eugenio IV per un consiglio.
La cosa, peraltro, non risultò troppo difficile visto che il papa, a seguito dei contrasti con la famiglia romana dei Colonna, in quegli anni si era rifugiato proprio a Firenze. Il pontefice suggerì di murare dieci mila fiorini nelle mura del convento di San Marco. Naturalmente si trattava di una muratura metaforica. Quello che il papa chiedeva era il finanziamento per il restauro del Convento e della Chiesa.
Con il fondamentale contributo dell’architetto Michelozzo, Cosimo alla fine di fiorini ne murò più di quarantamila. Nessuno può sapere cosa ne sia stato dell’anima del Padre della Patria, ma certo il suo tentativo di salvarla è stato proficuo visto che oggi possiamo ammirare uno splendido convento in cui le celle dei frati sono magnificamente affrescate con episodi del Nuovo Testamento. L’autore dei dipinti fu il frate domenicano Guido di Pietro, più noto come Beato Angelico, il pittore che non correggeva mai le sue opere, perché convinto che ogni pennellata avesse un’origine divina.
In quel periodo il priore del convento era padre Antonino Pierozzi, una delle persone più amate di tutta Firenze. Nel gennaio 1446 il priore fu nominato arcivescovo di Firenze da papa Eugenio IV, ma l’umiltà che lo contraddistingueva lo indusse inizialmente a fuggire dalla città: non riteneva di essere all’altezza dell’importante incarico. La sua titubanza durò un paio di mesi. Il 12 marzo fu consacrato nella chiesa del convento e, finalmente, il 13 marzo 1446 ebbero luogo le solenni cerimonie per il suo ingresso in diocesi. Il rapporto dell’arcivescovo con Cosimo fu contrastato e, per quanto il Medici avesse, con il suo mecenatismo, favorito il restauro del convento domenicano, non fece niente per assecondare la sua ascesa al potere. Anzi in più di un’occasione il vescovo si oppose alla proposta di voto palese negli scrutini che avrebbe definitivamente consegnato la città allo stesso Cosimo.
Daniele Niccoli
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