Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
5 ottobre 1482 – L’affresco della Sala dei Gigli
La Sala dei Gigli, anche se nata in pieno regime mediceo, rappresenta forse l’unica isola repubblicana all’interno di quel Palazzo dei Priori che nel ‘500 si trasformò in una vera e propria reggia. I gigli che caratterizzano la sala, infatti, sono quelli presenti nello stemma della casata francese dei D’Angiò, paladini della causa guelfa e quindi della Repubblica Fiorentina. I gigli si trovano sul soffitto a cassettoni e su tre delle quattro pareti.
La realizzazione della Sala fu affidata nel 1472 a Benedetto e Giuliano da Maiano che divisero in due ambienti separati la preesistente Sala Grande: la Sala dei Gigli e la Sala delle Udienze. I due fratelli realizzarono anche il soffitto, la statua di San Giovanni Battista e la porta di comunicazione con la Sala delle Udienze dove, nel legno intarsiato, sono riconoscibili le figure di Dante e Petrarca.
Dal 1980 nella sala si trova anche la statua di Giuditta e Oloferne che era stata commissionata da Piero de’ Medici a Donatello intorno al 1457. La statua, inizialmente collocata nel giardino di Palazzo Medici in via Larga, doveva simboleggiare il trionfo della virtù sulla Superbia e sulla Lussuria. Quando, nel 1494, i Medici furono cacciati da Firenze, la statua fu spostata prima sull’arengario del Palazzo dei Priori e poi sotto la Loggia nella medesima piazza. La nuova dimora impresse anche un diverso significato alla statua: la vittoria della Repubblica sulla Tirannia.
Il 5 ottobre 1482 la Signoria affidò l’affresco delle pareti della Sala dei Gigli a cinque dei più famosi artisti dell’epoca: Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Piero del Pollaiolo, il Perugino e Biagio d’Antonio.
Solo il primo però portò a termine l’incarico. Sulla parete est realizzò l’Apoteosi di san Zanobi e ciclo di uomini illustri. La volontà della Signoria era di glorificare il primo vescovo fiorentino e altri personaggi noti per le loro virtù civiche: Bruto, Muzio Scevola, Camillo sulla sinistra, Decio, Scipione e Cicerone sulla destra. A causa delle inadempienze degli altri pittori alla fine le restanti pareti furono affidate a Bernardo di Stefano Rosselli che le affrescò con una serie infinita di flor de lys, il giglio d’oro in campo azzurro di angioina memoria.
Domenico Bigordi, detto del Ghirlandaio deve il suo pseudonimo al padre Tommaso che, secondo il Vasari era il più bravo a creare questo ornamento tanto caro alle ragazze fiorentine dell’epoca:
Il primo che trovassi e mettessi in opera quell’ornamento del capo delle fanciulle fiorentine che si chiamano ghirlande; donde ne acquistò il nome del Ghirlandaio, non solo per esserne lui il primo inventore, ma per averne anco fatto un numero infinito e di rara bellezza; talché non parea piacessino se non quelle che della sua bottega fussero uscite Giorgio Vasari)
Daniele Niccoli
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