Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
9 dicembre 1219 – Riconoscimento del Convento delle Clarisse
Nel 1214 alcune donne fiorentine, guidate da Avegnente degli Ubaldini, dopo aver preso contatto con le suore di San Damiano in Assisi iniziarono a praticare la regola della povertà secondo i dettami di San Francesco. Nel 1217 Donna Avegnente cedette alla Chiesa alcuni suoi possedimenti in località Monticelli. In cambio ottenne, nel 1219, il privilegio di poter abitare il monastero che nel frattempo vi era stato costruito.
San Francesco inviò a Firenze a guidare il monastero, Agnese, sorella di Santa Chiara. Lui stesso trascorse la Quaresima del 1221 nel convento dove, prima di partire, lasciò il suo mantello oggi conservato nell’attuale sede del convento a Ruffignano. Nel 1277 le consorelle ebbero un nuovo convento nella zona di Porta Romana all’epoca conosciuta anche come popolo di San Pier Gattolini. Fu in questa sede che ebbe luogo il celebre episodio del rapimento di Piccarda Donati, sorella di quel Corso protagonista della battaglia di Campaldino, e crudele capo dei Guelfi Neri. Secondo il racconto del 1551 di Fra Mariano da Firenze, Piccarda
desiderando essere più sposa di Jesu Christo che di uomo mortale… abandonò il padre ed ogni mondana pompa… et segretamente fuggì al detto Monasterio et vestissi del abito di Santa Chiara
Una volta a conoscenza della notizia, Corso, all’epoca podestà di Bologna, incaricò alcuni sicari di catturare la sorella e di riportarla a casa. Qui fu spogliata delle vesti sacre e costretta alle nozze con Rossellino della Tosa.
Al fin vidi una che si chiuse e strinse
Sopr’Arno per servarsi: e non le valse,
ché forza altrui il suo bel pensier vinse (Francesco Petrarca)
Stando al racconto di Fra Mariano, Piccarda, implorò il Signore affinché il suo corpo fosse talmente indesiderabile da far perdere ogni desiderio al marito e conservare così la propria verginità. Le sue preghiere sarebbero state accolte: Piccarda si ammalò di lebbra o di peste e morì nel giro di otto giorni. Della stessa opinione non è Dante che, infatti, pone Piccarda nel cielo della Luna dove stanno gli spiriti venuti meno al voto.
Io fui nel mondo vergine sorella;
e se la mente tua ben sé riguarda,
non mi ti celerà l’esser più bella
ma riconoscerai ch’io son Piccarda
che, posta qui con questi altri beati,
beata son in la spera più tarda (Dante Alighieri)
Daniele Niccoli
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