16 agosto 1289 – Conquista della Rocca di Caprona

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Dante Alighieri
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

16 agosto 1289 – Conquista della Rocca di Caprona

In seguito alla battaglia di Campaldino il Comune di Firenze, ormai definitivamente guelfo, riuscì, a riprendere il controllo del suo contado, della parte settentrionale della Maremma e parte delle campagne aretine e senesi. Rimasero invece ghibelline le città di Arezzo e Pisa. Nei confronti di quest’ultima la campagna militare continuò fino alla fine del 1289, ma lo svilupparsi dei primi contrasti fra Cerchi e Donati indebolì l’esercito che, infatti, non riuscì più a riportare vittorie significative. Di quell’esercito continuava a far parte Dante che ebbe, almeno nell’episodio della conquista della Rocca di Caprona, Vanni Fucci come compagno d’armi

così vid’io già temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona
vegendo sé tra nemici cotanti (Dante Alighieri)

Vanni Fucci era un cittadino pistoiese dall’indole violenta che in questa e in altre circostanza si rese protagonista di atrocità gratuite che colpirono Dante in senso negativo. La sua successiva adesione al partito dei Guelfi Neri e l’episodio del furto di oggetti preziosi nel duomo di Pistoia, per il quale fu incolpato e condannato in contumacia, non migliorarono la sua immagine agli occhi del Poeta che, infatti, lo collocò tra i ladri della VII bolgia e ne fa lo spirito più ribelle di tutta la sua opera.

Io piovvi di Toscana,
poco tempo è, in questa gola fiera.
Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana (Dante Alighieri)

Con questo verso del XXIV Canto dell’Inferno Dante, non solo esprime il disprezzo per l’uomo che si era macchiato di delitti infami, ma anche il biasimo nei confronti della città che lo aveva allevato. In una delle sue invettive, addirittura si augura che Pistoia possa essere incenerita proprio come accade in maniera incessante al suo dannato cittadino nel girone infernale. Dante ritiene la Pistoia dei suoi tempi peggiore di quella fondata dai rissosi e crudeli superstiti dell’esercito di Catilina e non le risparmia una dura reprimenda:

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
d’incenerarti sì che più non duri,
poi che ‘n mal fare il seme tuo avanzi? (Dante Alighieri)

Daniele Niccoli

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