19 ottobre 1587 – La tragedia di Poggio a Caiano

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Cappelle medicee 1
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

19 ottobre 1587 – La tragedia di Poggio a Caiano

Mater semper certa dicevano i latini, eppure esistono casi della storia che sembrano smentire questa affermazione apparentemente ineccepibile. Nel 1576 il granduca Francesco I de’ Medici ebbe finalmente il sospirato erede maschio, Antonio. La madre non era la moglie Giovanna d’Austria. Forse si trattava di una serva, ma poteva essere anche la storica amante di Francesco, Bianca Cappello che, in effetti, si attribuì la maternità.

Si trattava di una macchinazione di Bianca? Oppure della famiglia Medici che voleva escludere il rampollo dalla successione facendolo passare per illegittimo?

Gli intrighi di palazzo Medici hanno impedito di far luce sulla questione. Francesco legittimò il figlio il 19 ottobre 1583, ma, in seguito, Ferdinando, fratello del Granduca, garantì ad Antonio un vitalizio in cambio della rinuncia a qualsiasi pretesa dinastica. Di sicuro il clima alla corte medicea di quel periodo era molto teso: Bianca non era amata da nessuno; la maternità dell’erede era incerta e l’ambizione del cardinale Ferdinando smisurata.

Tale situazione non poteva che rendere misterioso il triste epilogo della storia di Francesco e Bianca. Nell’ottobre del 1587, dopo alcune giornate di caccia nelle risaie della tenuta di Poggio a Caiano, i granduchi organizzarono una cena cui partecipò anche il cardinale Ferdinando. Subito dopo cena i coniugi regnanti si sentirono male: vomito dolori lancinanti, febbre alta e intermittente che durarono una decina di giorni.

Il 19 ottobre 1587 Francesco morì; Bianca gli sopravvisse solo poche ore. La versione ufficiale, avvalorata dall’autopsia che Ferdinando volle fosse fatta alla presenza di testimoni, fu di morte per malaria, ma ci fu subito chi parlò di avvelenamento da parte del cardinale.

Recenti ricerche svolte dal tossicologo Mari avvalorano l’ipotesi dell’omicidio. L’esperto avrebbe rinvenuto nelle viscere dei granduchi, conservate nella chiesa di Santa Maria a Buonistallo, elevate quantità di arsenico. Lo studio ha però suscitato molti dubbi nel mondo accademico sia per quanto riguarda l’identificazione dei resti sia perché la concentrazione di arsenico potrebbe essere spiegata dai metodi usati, all’epoca, per trattare e conservare le viscere.

Viceversa le analisi condotte nel 2009 all’Università di Torino hanno stabilito la presenza, nel tessuto osseo spugnoso del granduca, di proteine di Plasmodium falciparum avvalorando l’ipotesi di morte per malaria. In ogni caso Ferdinando successe al fratello e volle immediatamente disfarsi della “Pessima Bianca” e così ai funzionari che gli chiedevano se dovesse essere sepolta con la corona e dove dovesse essere tumulata rispose semplicemente:

La corona l’ha già portata abbastanza e,
per quanto riguarda la sepoltura,
dove volete ma non con noi

cioè non nelle tombe medicee

DANIELE NICCOLI

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