29 giugno 1440 – La battaglia di Anghiari

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Palazzo Vecchio
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

29 giugno 1440 – La battaglia di Anghiari

 

Le mire espansionistiche di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, caratterizzarono la politica italiana dei primi decenni del ’400. La pace di Ferrara, siglata nel 1433, non era considerata soddisfacente dall’ambizioso Signore della città lombarda: Bergamo e Brescia erano passati sotto il dominio dei veneziani e Firenze aveva mantenuto i suoi territori.

Sfruttando le vicende relative alla successione per il trono di Napoli, Filippo Maria Visconti, riprese allora le ostilità. Nel febbraio 1440 il suo generale, Niccolò Piccinino, arrivò fino a trenta chilometri da Firenze per poi ripiegare sul Casentino e su Perugia. Un segnale di sfida chiarissimo nei confronti della Repubblica fiorentina e dei suoi alleati e, infatti, prima di tornare in Lombardia affrontò in battaglia l’esercito della Lega anti milanese.

Lo scontro avvenne il 29 giugno 1440 nella piana di Anghiari. Il Piccinino confidava sull’elemento sorpresa, ma la polvere sollevata dalle sue truppe in movimento da Sansepolcro attirò l’attenzione del generale dei veneziani, Micheletto Attendolo, che riuscì a rallentarne l’avanzata. Il tempo guadagnato permise all’esercito fiorentino di prepararsi allo scontro vero e proprio che terminò a notte inoltrata con la sconfitta del Piccinino. La battaglia fu descritta in maniera ironica da Niccolò Macchiavelli:

 Ed in tanta rotta e in si lunga zuffa che durò dalle venti alle ventiquattro ore, non vi morì che un uomo, il quale non di ferite ne d’altro virtuoso colpo, ma caduto da cavallo e calpesto spirò  (Niccolò Machivelli)

Secondo una ricostruzione più precisa, i morti furono circa novecento. La battaglia ebbe grande rilievo perché se l’esito fosse stato diverso, per il Visconti si sarebbero spalancate le porte di Firenze e la fresca dittatura di Cosimo il Vecchio avrebbe avuto fine.

Nel secolo successivo la battaglia di Anghiari diventò il soggetto di un affresco che Leonardo da Vinci avrebbe dovuto realizzare su una parete del salone dei 500 in una sfortunata sfida pittorica con Michelangelo. L’affresco rimase incompiuto a causa

di un difetto dell’intonaco che rigettava
con singolare ostinazione i colori sciolti nell’olio di noce  (Paolo Giovio)         

Nel 1557 Giorgio Vasari utilizzò la stessa parete per dipingere la battaglia di Marciano. Tra il 2011 e il 2012 la National Geographic e altri studiosi, stimolati da il “Cerca Trova” presente su una bandiera dell’affresco vasariano, annunciarono prove della presenza, forse sotto un intercapedine, del vecchio affresco di Leonardo. L’allora sindaco Renzi si appassionò alla questione, ma nessuna prova scientifica inconfutabile è stata portata a sostegno della tesi.

Daniele Niccoli

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