4 novembre 1333 – Alluvione a Firenze

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

4 novembre 1333 – Alluvione 

L’alluvione del 4 novembre 1333 è probabilmente la più catastrofica di quelle che hanno colpito la città di Firenze. Le acque non raggiunsero lo stesso livello di quella del 1966, ma l’assenza di protezioni adeguate provocò danni incalcolabili. Tutti i ponti, tranne quello di Rubaconte, crollarono. Secondo il racconto di Giovanni Villani il primo a cedere fu il Ponte alla Carraia e poi, come per effetto domino, caddero tutti gli altri in sequenza da valle a monte.

Il disastro provocato fu considerato un castigo divino determinato dalla superbia dei fiorentini.

Essendo la citta di Firenze in grande potenza…
Piacque a Dio di colpirla con una novità
tanto inaspettata quanto disastrosa (Giovanni Villani)

Ancor più gravi furono considerate le ambizioni delle donne e la loro presunta licenziosità. Della loro immoralità si era già occupato anche il Sommo Poeta:

Tempo futuro m’è già nel cospetto
cui non sarà quest’ora antica
nel qual sarà nel pergamo interdetto
alle sfacciate donne fiorentine
l’andar mostrando con le poppe il petto (Dante Alighieri)

La piena si portò via anche l’ultimo segno della Firenze romana, la statua del dio Marte che si trovava all’inizio di Por Santa Maria. La pietra scema, come l’aveva definita Dante, era già affogata durante l’alluvione del 1178, ma era stata ritrovata e messa di nuovo a protezione della città. Dopo il diluvio del 1333 non fu più recuperata e il fatto fu considerato come un cattivo presagio. In effetti, quindici anni dopo una terribile epidemia di peste nera si sarebbe portata via tre fiorentini su quattro.

Ponte Vecchio fu ricostruito a partire dal 1345, nella forma che ancora oggi possiamo osservare. Il Vasari attribuì la costruzione a Taddeo Gaddi, ma è molto più probabile che la progettazione e la realizzazione siano state opera di Neri di Fioravante. Le novità architettoniche erano rappresentate dalle sole tre arcate e dai negozi in muratura disposti su due schiere. Un’epigrafe murata, seppur sbiadita, ricorda ancora oggi l’evento:

Nel trentatre, dopo il milletrecento
il Ponte cadde per diluvio d’acque;
poi dodici anni, come al Comune piacque,
rifatto fu con questo adornamento

DANIELE NICCOLI

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