27 agosto 1466 – La congiura dei Pitti

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Piazza Pitti-Stemma de' Pitti 2

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

27 agosto 1466 – La congiura dei Pitti

Nel 1450, dopo la morte di Filippo Maria Visconti e la nomina di Francesco Sforza come nuovo duca di Milano, Cosimo il Vecchio decise di ribaltare le vecchie alleanze e creare un nuovo equilibrio politico intorno ai due blocchi Milano-Firenze e Venezia-Napoli. La manovra ebbe conseguenze importanti e non sempre piacevoli, ma Cosimo riuscì a volgerle tutte a proprio favore.

Milano smise di rappresentare quell’incombente minaccia che era stata negli anni precedenti e di questo si giovò tutta la cittadinanza. E’ vero però che Firenze si trovò a che fare con le mire espansionistiche degli Aragonesi che invasero la Maremma e con la spietata concorrenza dei veneziani sui mercati orientali.

Immediata conseguenza della crisi finanziaria che ne scaturì fu l’istituzione di un nuovo regime fiscale che Cosimo sfruttò in maniera arguta per rimpinguare l’erario, per distruggere gli avversari politici interni e per consentire l’arricchimento, a volte scandaloso, dei sodali di cui si guadagnò una duratura devozione.

Soci del malaffare furono Puccio Pucci, Neri Capponi e Luca Pitti, forse il più spregiudicato. Le sue manovre gli garantirono una ricchezza smisurata, tanto che pose mano alla costruzione di un palazzo che avrebbe dovuto essere il più grande di tutta Firenze. Le ambizioni di un uomo di siffatta foggia non potevano non scontrarsi con quelle della famiglia dominante e così, dopo la morte di Cosimo, Pitti arrivò a organizzare un colpo di Stato.

Insieme a lui tramarono Agnolo Acciauoli e Diotisalvi Neroni. L’idea era di uccidere il figlio di Cosimo, Piero il Gottoso, mentre si trasferiva da Careggi a Firenze. Era il 27 agosto 1466, ma il pronto intervento del figlio Lorenzo, che diventerà il Magnifico, sventò l’attentato. All’evento seguirono giornate convulse con i Medici rintanati nel palazzo di via Larga e due eserciti non distanti dalla città: quello di Borso d’Este pronto a supportare i congiurati e quello di Galeazzo Maria Sforza deciso a sostenere i Medici. Ma non ci furono scontri armati.

Alla fine la questione si risolse alla maniera dei Medici: una promessa di matrimonio ruppe il fronte avversario e a quel punto furono sufficienti pochi armati guidati da Lorenzo a imporre una nuova Balìa che dispose l’esilio di Diotisalvi Neroni e Agnolo Acciaiuoli.

Luca Pitti fu ‘perdonato’. A sua figlia fu concesso il matrimonio con il cognato di Piero il Gottoso ma fortuna e sogni di grandezza svanirono. Anche la costruzione del Palazzo, per il quale aveva scomodato un allievo del Brunelleschi, Luca Fancelli, si dimostrò un passo più lungo della gamba. Colui che voleva esaltare la sua grandezza con le dimensioni di un palazzo si trovò sommerso dai debiti.

Qualche anno più tardi un suo discendente, Bonaccorso, fu costretto a vendere il palazzo ad un altro Medici: Cosimo I. Secondo la leggenda il primo Granduca di Firenze ordinò di togliere dal palazzo tutti gli stemmi della famiglia Pitti risparmiandone solo uno, posto sulla cantonata di fronte, perché potesse guardare ciò che era stato e non era più.

Daniele Niccoli

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